domenica 8 aprile 2007

Le vite degli altri








Le vite degli altri è uscito in Germania nel marzo del 2006, ricevendo numerosi premi. Regia e sceneggiatura sono di Florian Henckel von Donnersmarck. I protagonisti sono Ulrich Mühe, Sebastian Koch, Martina Gedeck, Ulrich Tukur.

La vita degli altri è una dimensione segreta, impenetrabile. La vita degli altri ci è preclusa per definizione. Eppure la vita degli altri, col suo carico di destino che deve rimanerci nascosto, può essere violata, ci si può inserire nelle sue pieghe, afferrandone gli aspetti più segreti. La vita degli altri, infine, è un film che parla della stasi, la Staatssicherheit della Repubblica democratica tedesca. E che tenta di confrontarsi col tema del controllo dello stato sulla vita dei cittadini, e finisce per essere solo dimostrazione della sua arbitrarietà. È, questo, un tema complesso, che corre come un filo rosso attraverso sistemi politici molto differenti tra loro. Come viene esercitato il controllo, e sino a che punto esso è lecito? Quali sono i meccanismi che lo permettono? Quali sono le forme che assume? È un controllo esercitato in maniera brutale ed esplicita - affinché di quella brutalità sia resa testimonianza e nessuno osi opporvisi - o si tratta invece di una forma di controllo più sotterranea, ma non per questo meno paurosa?
Montesquieu comprese che la caratteristica dominante della tirannia era il suo isolamento - l’isolamento del tiranno dai suoi sudditi, e quello dei sudditi tra di loro per effetto del reciproco timore e del sospetto - e quindi che la tirannia non era una forma di governo fra le altre, ma contraddiceva la condizione umana essenziale della pluralità, dell’agire e parlare insieme, che è la condizione di tutte le forme di organizzazione politica. [...] Essa sviluppa i germi della propria distruzione dal momento in cui comincia a esistere
Ora, quello che a me pare importante è l’elemento del “reciproco timore e del sospetto”, dell’“isolamento”, che però nel film viene fuori in misura piuttosto limitata. La vita degli altri mi pare essere, infatti, solo un tassello che va ad assommarsi al quadro delle testimonianze, ma di fatto poco aggiunge alla comprensione d’insieme del fenomeno. Tuttavia, se da un lato lascia perplessi per il suo modo di affrontare la storia - perché forse è proprio questo l’interrogativo generale che nasce dal film ed è lasciato senza risposta: come si fa ad affrontare la storia in un film di finzione? - d’altro canto riesce ad avvincere lo spettatore nonostante i suoi 137 minuti, per la struttura narrativa coerente, per il suo essere una storia - stavolta intendendo il termine nell’altro senso - che funziona.

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