giovedì 17 gennaio 2008

Prima di partire...statisticamente





























Nell'ultimo mese questo blog è visitato in media ogni giorno da 62 persone. Ho fatto una statistica.
Quando scrivo post lunghi ovviamente sono quelli che riscuotono meno consensi, se i consensi si vedono dai post, le poesie invece soono quele più commentate.
Oggi 75 persone hanno visitato il blog...non mi aspettavo tanto seguito virtuale, sono contento, perchè vuol dire che più di uno legge quel che scrivo.
Più di uno non si prende sul serio parlando di cose serissime.

Ci rivediamo domenica notte...

...fate i bravi...fate tutto quello che io farei...

martedì 15 gennaio 2008

Fabrizio e la fortuna



























"Cosa pensi?
A quella domanda si mise a piangere. Le strinsi la mano cercando di consolarla. Non avevo idea di cosa volesse dire per lei quella domanda.
Adesso vengo a cercarti."

Non è il titolo di un libro.
Fabrizio ebbe la conferma che il loro incontro non era stato casuale.
Una fotografia, una stanza senza finestre, odore di chiuso.
Tanti ricordi che d'un tratto si iniziano a spiegare.
Ci aveva fatto l'amore quella sera. Fabrizio poteva andare e venire dal suo letto come voleva, lei non l'avrebbe respinto.
Chi è che ancora non conosce l'espressione "la fortuna è cieca"?
La fortuna è un sibili incessante senza cedimenti nè estremi.
La fortuna nel suo egoismo assoluto conosce solo quel che si definirebbero gli estremi, va a dire centinaia di eventi, frasi, miracoli o cosa del genere che in un tempo vicino o lontano sono stati trasformati in altro.
Tutto il resto quella sera per Fabrizio De Andrè non ha alcuna importanza.
Per questo la fortuna è cieca e non si lascia vedere sedurre dalla bellezza.

Senza titolo



























Amo una bellissima donna
ripetuta nei suoi occhi scuri,
amo la dolcezza complice del suo bacio.
Perché se guarda è in un angolo scuro,
perché se ama e gioca vuol star da sola.

domenica 13 gennaio 2008

E se ti dico Io ti amo tu come rispondi?










L’uomo ama il proprio diritto a contraddirsi. Questo è evidente in ogni cosa che facciamo, in ogni nostro pensiero, anche in azioni apparentemente normali. L’amore, ad esempio, da sempre ha colto l’aspetto più contraddittorio ed irrazionale dell’uomo, perché sembra che per la sfera emotiva non valgono i principi razionali che di solito usiamo per altre emozioni come la gioia, il rimpianto etc. Come l’uomo riesce a parlare dell’amore senza contraddirsi? E’ possibile questo? E’ necessario perdere il controllo razionale per parlare dell’Amore, non ci sarà così bisogno di amici che recuperino la ragione sulla luna, come accadde per Orlando, non ubriaco, come i personaggi del Simposio di Platone, ma furioso poiché innamorato. Con l’amore l’uomo tenta così di spiegare quel bisogno o quel sogno dipendente che quasi tutti sentono almeno una volta nella vita: di stare con un altro, il quale è ri-conosciuto come parte integrante della nostra esistenza. Il rapporto con l’altro è quasi necessitato dalla certezza dell’appartenenza reciproca, io ti amo e quindi tu mi appartieni. Questo però è pericoloso, perché porta quasi inevitabilmente a patologie emotive. Per molti, allora, l’amore arriva ad essere una specie di patimento. E così il cuore di molte canzoni, di molte poesie diventa l’amore non corrisposto. Ma perché parliamo di amore come sofferenza,come desiderio di bellezza? Nella società di massa invece di acquistare libertà l’uomo e la donna assumono spesso solo comportamenti socialmente accettati. La conseguenza è la riduzione del piacere tanto che, per accrescere la libido, occorre un ostacolo.
Dunque, vince ciò che è proibito o sfuggente? Giulietta e Romeo si sarebbero amati così tanto se il loro amore non fosse stato proibito dalle diatribe familiari? Paolo e Francesca di Dante, se non fossero stati cognati, avrebbero ceduto alla follia della passione amorosa? È triste ammetterlo, ma forse se non c’è impedimento non c’è innamoramento. L’amore è autoinganno come dicevano i poeti classici o è autoconvincimento, come dicono molto psicoanalisti moderni? Perché comunque tutte queste domande sull’amore oggi? Perché nel duemila continua ad essere una relazione fra opposti stati d’animo spesso del tutto soggettivi e senza equilibrio e per questo è lo specchio della nostra società molto più che di quella dei secoli passati. L’individuo innamorato vive nel tentativo, spesso disatteso, della ricerca dell’altro, per ristabilire un equilibrio interno difficilissimo da realizzarsi nell’esperienza di ogni giorno. Gran parte della canzone d’autore degli ultimi 50 anni è stata una sorta di fenomenologia del linguaggio dell’amore. Ma davvero per amare bisogna essere sofferenti, insicuri, angosciati e soprattutto aver timore di essere abbandonati? E se la risposta è sì, può essere questa la metafora del nostro vivere quotidiano, del nostro essere italiani? Nelle difficoltà l’italiano o si piange addosso o trova soluzioni eroiche e disperate, proprio come l’innamorato. Ma ritorniamo all’amore, allora, all’amore come metafora della nostra società. Perché in amore non vige la meritocrazia e vince, in realtà, ciò che in qualche modo sfugge, o è proibito dalle circostanze o da altri o dall’amato stesso? In questo caso la canzone diventa quel che è la Ginestra per Leopardi, solidarietà fra cose fragili. Ecco perché ascoltiamo questo tipo di canzoni, perché è più facile immedesimarsi con quello che prima di noi hanno vissuto altri. E’ un gioco di memorie e immaginazione, proprio come in una canzone di Lucio Dalla, un testo abbastanza semplice con un titolo significativo “Canzone”. Non so aspettarti più di tanto ogni minuto mi dà l'istinto di cucire il tempo e di portarti di qua ho un materasso di parole scritte apposta per te e ti direi spegni la luce che il cielo c'è”, un testo semplice, quindi, diretto che si siede su una musica ritmata, ma non invasiva. Anche questa è una metafora della passione amorosa, specie quella iniziale. Ritmata, ma non invasiva, come il battito del cuore prima del primo incontro, come ad ogni nuovo inizio. Shakespeare diceva che l’innamorato è quello che aspetta, quello che cerca di arrivare in ritardo per non far vedere il proprio tormento, la propria impazienza. E’ un gioco delle parti in cui l’innamorato finisce per perdere sempre però. Stare lontano da lei non si vive, stare senza di lei mi uccide...”, è anche una questione di lontananza ciò che fa male, è l’incapacità di pensare con lucidità che porta l’innamorato a dimenticare la causa stessa della sua follia. “Io ti amo!” Quante volte l’abbiamo detto questa frase e quante volte ce la siam sentiti dire o abbiam sperato di sentirla. Ma come si risponde a questa frase? In questo caso il linguaggio prende gusto a toccarsi da solo e all’”Io ti amo” si può rispondere solo con un “Io ti amo!” oppure smettendo di rimbalzare, smettendo di essere leggeri e rispondere con un silenzio, ma questo è già un altro discorso.

Parigi




















D'accordo, mettiamola così: se non stessimo parlando diFabrizio De Andrè non avremmo mai scritto una cosa del genere. Fabrizio è seduto, c'è un muro di fronte a lui. Stampe e fotografie in bianco e nero. Anche il modo in cui ci è arrivato non è stato certo normale. Si è svegliato, ha scritto qualche cosa, ha bevuto un'aranciata e ha mandato due sms. Ha passato una mattina assurda cercando di essere il solito mentre rovistava come un pazzo nel suo armadio in cerca di quel foglio.
Niente.
In famiglia erano abituati ai suoi foglietti. Di tanto in tanto a qualcuno veniva in mente di leggerli, ma non questa volta. Fabrizio vive solo.
Per tutta la sera ha lanciato occhiate ad una ragazza castana, dagli occhi disuguali. Conosce solo il suo nome, sa che non le parlerà mai. L'ha guardata per tutta la sera con l'unico risultato di desiderare di ritrovare quel foglietto. I suoi occhi, gli occhi di Fabrizio, non sono certo speciali, ma sono malinconici.
Quando parla con qualcuno Fabrizio guarda dritto negli occhi.
A mezzanotte aveva esaurito i posti in cui cercare.
E' seduto ora. Il muro è grigio, l'avrà guardato centinaia di volte, conosce a memoria ogni sfumatura di quelle foto.
Alla radio c'è una canzone di Bob Marley.
A Fabrizio manca Parigi, sa che la rivedrà presto però, sa che a Parigi ritroverà il gusto per le lunghe passeggiate, per le colazioni lungo la senna, per le notti piene di niente.
Cercherà una puttana. Non c'è da meravigliarsi. Sarà un tetto e quattro pareti con dentro cose migliori.
Non c'è da meravigliarsi se non parleranno più di tanto.
Lui perchè sa di essere in parte responsabile di quel silenzio, lei perchè sa che la sua vita non sarebbe mai stata tanto bella come lui la scriverà