venerdì 30 novembre 2007

Poche immagini
































E' presto, molto presto... Il traffico romano non ha opposto alcuna resistenza...colazione al quartiere "Prati"... Inizio ufficiale del torneo di scopa... Alessandra, una ragazza che ieri sera ho conosciuto in un piccolo teatro amatoriale, vince. Finalmente bevo in buon caffe'... Fortunatamente il mio ´posto vicino alla vetrata mi permette di godere dell'impagabile vista del cielo, uno dei più belli che abbia mai visto alle 7 di mattina . La natura ha la capacità di stupire ed affascinare in ogni momento. H 7/30... Ringrazio Alessandra per il caffe', ovviamente, avanzo per Roma. Eccola!Finalmente all'orizzonte celeste appare Roma, illuminata e sonnecchiante nella nebbia. Cala su di me una nuova malinconica frenesia...

giovedì 29 novembre 2007

Non so che fare oggi pomeriggio e allora scrivo...
































Ritrovarsi soli è un attimo. Basta un’occhiata sbagliata, una frase, un gesto improvviso.

E' sempre una questione di tempo.
Questo pensavo mentre andavo... e stavolta andavo via per davvero. Vie e palazzi che non conoscevo, che sentivo sporgersi su di me... profondamente.

Il mio primo giorno finiva cosí. Avrebbe potuto darmi di piu'?

Poteva essere, non ero sicuro di nulla. Avevo tante domande, e tantissime risposte. Il punto in quel momento era un altro, molto più semplice. Non volevo dormire da solo quella notte.


Ero sempre stato convinto che l’amore vero, quello di una vita, passasse una volta, una volta sola. Io l’avevo visto arrivare, l’avevo vissuto fino in fondo, giorno dopo giorno. E lei se n’era andata, dopo mesi di silenzi e urla improvvise. Parole sbattute in faccia, per fare un po' di rumore. Era una strada , ma quello che si intravedeva alla fine di quella strada non era un paesaggio. Erano parole, rimorsi, fraintendimenti, solo nuove paure. Lo sapevamo entrambi. Ci siamo andati a sbattere un giorno, contro quelle parole: ciao, amore, matrimonio, figli. L’ultima volta l’ho vista allontanarsi. Ha sorriso e mi ha detto 'Ciao, non pensarci più'.

Avevo superato i trenta, una laurea in lettere moderne, un fratello che viveva ancora con me.
Era settembre, ero ancora innamorato di una ragazza che non aveva più nessuna intenzione di far parte della mia vita, non avevo progetti reali. Ho deciso di partire. Senza pensare al ritorno.

L’ultima immagine che ho della mia città, è il mare agitato, incredibilmente grigio, dietro i vetri della macchina di mio padre.

Tre mesi a Parigi, scivendo lettere commerciali per una ditta e girando di sera per brasserie in cerca di una ragazza che mi ricordasse lei. Due mesi a Lisbona, insegnando italiano ai magrebini. Un anno a Tours, lavorando come correttore di bozze per una rivista italiana. Amori veloci, poche conoscenze, quasi sempre limitate all’ambito lavorativo o al sesso. Stavo imparando a stare solo. Non mi dispiaceva. Nel tempo libero camminavo per ore, senza sentire la fatica, senza meta, solo con un libro sempre in tasca e il mio i-pod che mi ricordava da dove ero venuto.

Mi piaceva perdermi per città che iniziavo a conoscere piano, scrivevo tutto quello che mi passava per la testa su un quaderno con la copertina rossa. Certo, la felicità l’avevo sempre immaginata un po’ diversa. Pensavo spesso a lei. La sognavo, tanto che alcune mattine mi svegliavo con la sensazione di averle parlato, di aver fatto l'amore con lei.

Sopravvivevo.
Arrivai a Roma una mattina di marzo. La città era paralizzata da due giorni di pioggia torrenziale, le strade erano intasate da un traffico assordante. Mi sedetti su una panchina da cui si poteva ammirare, lontano il cupolone. Non stavo bene, ero raffreddato. Non capivo bene perche' avessi scelto di tornare in Italia. In quegli anni avevo imparato qualche lingua, avevo conosciuto cibi diversi e visto giocare squadre di tante nazioni.

Per qualche ora ebbi l’impulso di tornare a casa, a Bari, non perché ne avessi voglia, ma perché avevo paura. In poche parole, stavo crollando. Entrai in un bar, era deserto. Presi un pezzo di pizza bianca e una coca cola light, nessuno sembrava accorgersi di me.

Sei italiano? Mi girai di scatto, e mi trovai di fronte una ragazza con i capelli castani e due occhi marroni comelegno bagnato. Sì. Ciao. Son sempre stato timido, anche quella volta non riuscivo a trovare due parole sensate da mettere in fila. La solitudine si faceva sentire, di colpo. Non sapevo cosa dire...

Bruxelles...cronaca del mattino



Grigia e bigia...non c'e' cielo, non ci sono nuvole...e' come un grande muro che avvolge tutto, come una tenda piena di polvere bagnata.

Mi son svegliato molto presto questa mattina...senza caffe', senza un te' caldo che mi accarezzasse lo stomaco. Dalla periferia della citta' ho preso due tram e la metro e son arrivato al Parlamento Europeo. Una citta' nella citta'. Informale, al contrario del nostro Parlamento, ma molto molto piu' accattivante. Di li' ho percorso tutto il grande parco reale e son arrivato nel cuore della Bruxelles commerciale. Fa freddo, ci sono 5 gradi...mi son rintanato in un caffe'...non avevo fame...volevo solo ripararmi dal vento e leggere un po'.

Ho ordinato un muffin al caramello pensando di mangiucchiare qualcosa seduto in una comoda poltrona di pelle modello New York anni 70...e invece mi han portato un piattone con un muffin al cioccolato con dentro un cuore di caramello, panna, biscotti e una montagna di cioccolato fuso...roba da duemila calorie!!!

Ovviamente non l'ho mangiato tutto...ho letto una trentina di pagine del mio libro...Aristotele e i Misteri di Eleusi di Margaret Doody e ho ripreso il mio cammino...

mercoledì 28 novembre 2007

Ancora un'ultima cosa...




























Oggi riflettevo sulla timidezza e su quello che essa può diventare in certi momenti sotto forma di reazione.

E' una forma di difesa, è l'intuizione precoce che la felicità si riesce a preservarla solo se viene dissimulata, è una ricerca solitaria, è un egotismo, ovvero il culto di se stessi unito alla conoscenza di sè?

Coincidentia oppositorum?

"Vivevo solitario come chi non si è limitato ad eccitarsi per il gradevole, ma è passato al terribile senza per questo aver rinunciato a niente".


"Mi si dirà che mi diverto a creare paradossi, a dare importanza al nulla, ma anche io ho i miei cari sconosciuti che mi penetrano prima di andare a dormire".

Partenza...ci vediamo la settimana prossima


















Finalmente Amsterdam!

"Vincenzino, mi raccomando non toccare..." Per una volta la raccomandazione sarà opposta: "metti le mani sulla città dove vuoi". Già, perché aspetto questo viaggio Amsterdam Bruxelles da solo da tanto, dopo mesi di duro lavoro. Voglio toccare ogni città che vedrò, voglio perdermi senza mappa e senza valigia.

Una scelta precisa. Qui si tocca tutto, calchi di impronte, canali, cioccolata, patate fritte, odori e fantasie.

martedì 27 novembre 2007

Ridere di sè



























Bisogna capire di aver superato il limite. Ho scritto troppo sull'amore, su quello che io a grandi linee considero amore. Ho esagerato e forse ho annoiato qualcuno.
Ho "usato" l'amore come allegoria emozionale, ma avrei potuto parlare di altro. Ho parlato d'amore per potermi collegare a tanti altri aspetti della nostra esistenza, per poter intrecciare più piani di lettura, anche se forse non riuscendoci, ho finito per risultare piatto e monotematico.
Pensavo in questo modi di dare l'opportunità a chi avesse voluto seguirmi di giocare con il "passionale" e "l'appassionato", con il "doloroso" e il "dolente", con la felicità e con quello che si crede il suo contario.
Per comprendere di aver superato il limite ci sono due possibilità:
Sentirselo dire da qualcuno
risultare insopportabile anche a se stessi.

Ridere ridere ridere ancora...

Vi suggerisco l'ultimo libro di Philip Roth...."patrimonio"

lunedì 26 novembre 2007

Parole tra le pieghe













ANCHE SE NON E’ NELLE TUE INTENZIONI,

TU RIEMPI D’AMORE E ILLUDI,

E’ SUCCESSO ANCHE A ME

[Tu vedi i colori di questa stanza, ma non hai mai visto la stanza]

Ci fosse stato un po’ più di caldo nella stanza non avrebbe sentito così la sua mancanza.
Risale con gli anni all’inizio del loro rapporto sfogliando un album di vecchie fotografie.
- Chissà come sarebbe stato avere una figlia insieme? -
- Come può essere il viso di una bambina che ormai non potrà più nascere? -
Sua sorella ha consigliato di dormire. Invece i pensieri della sua infanzia si affacciano come se venissero alla mente per la prima volta.
Sembrano così velati questi pensieri, tanto sfuocati da sentirsi ancora più soli.
Chiude gli occhi. E’ su una sedia in cucina. Ha un maglione nero a collo alto e dei jeans larghi.
Guarda un’altra fotografia. Rivede sua madre, il nonno che non usciva mai in inverno senza il suo cappello.

[I suoi ricordi sono tutti lì, in quella stanza]

Quando l’avvocato ha parlato delle pratiche del divorzio son sembrate un insieme di riguardi banali.
- Chiunque sa cosa sto provando trova tutto questo assurdo. -
- Sembra assurdo solo quando uno lo sa. –
E in ogni caso si tratta solo dei primi passaggi, l’iter, assicurano, è ancora molto lungo.

[Apre la porta, ma non vuole uscire]

La sua testa si riempie di suoni, di vecchi ricordi. Sente una vecchia canzone, il suo compagno di scuola parlare a voce troppo alta tanto da farsi sentire dalla professoressa. Sente i passi dei vicini di casa, una chiave entrare nella serratura.
Chissà cosa dirà non appena vedrà che è ancora lì.
Non ha lasciato la casa, anche se non ha un lavoro, anche se non ha un posto dove andare, vuole sentirselo dire. Vuole sentirsi dire: - Vattene da casa mia. –
Tante voci, ma come si fa a riconoscere una voce che non ha mai sentito?
La mano destra accarezza l’ultima fotografia dell’album. Settembre, pomeriggio di sole. Le dita accarezzano la pellicola fino a che non sente le parole, le emozioni di quella foto. Allora la mano torna indietro.
Chi è quell’uomo? Sente il sussurro di un uomo adulto che piange. Dov’è stata scattata quella fotografia?
Poi il pianto si sovrappone e ritorna una sensazione di silenzio.
I rumori della sua vita circondano quelle pareti.
L’aria di casa scalda le risate, le urla, le parole d’amore che si credevano vere.

[Ripenso a quante volte son stato lì]

Ha trascorso gran parte di quella giornata pensando a quanto accaduto.
Una strana sensazione: non c’era niente che non fosse il suo corpo. In quella strettezza si sentiva un inquieto senso di claustrofobia. La forma e le dimensioni dei suoi pensieri non corrispondevano a quelle del suo corpo.
Ora si ritrovano di nuovo nella stessa stanza. Un uomo e una donna: Loro due.
Guarda la scena come attraverso un obiettivo.
E’ felice di non aver mai detto fino in fondo quello che provava, di non aver mai lasciato il suo letto, di non aver mai avuto paura della fine.
Vorrebbe adesso però qualcuno in grado di riconoscere tutto questo non come un sacrificio, ma come qualcosa di inevitabile.

[La stanza non ha finestre, solo una porta]

Sente gli occhi addosso.
Si parlano, ma ognuno parla per conto suo. Non è importante quel che si dice, ma dire qualcosa. Sovrapporsi alla voce dell’altro, dire.
Se tutto fosse stato normale avrebbero parlato del freddo di quei giorni. Avrebbe letto qualche pagina di giornale oppure seguito dieci minuti di notiziario alla tv.
-Ti ricordi – avrebbe sentito una frase incominciare così.
- Certo – avrebbe risposto evitando la seccatura di quell’inizio.
Spesso i ricordi sono il momento migliore per accusare qualcuno.
-Ma perché non torniamo in Spagna quest’estate?
- Senzìaltro – risponderò sapendo che non torneranno mai in Spagna quell’estate.
- Hai visto il mio maglione rosso? –
- Non ti sta bene il rosso –
- E’ arrivata la bolletta del gas –
- Dovremmo mangiare meno dolci. –

Il nemico di fronte al nemico

























Mi piace parlare d’amore! Mi piace parlare di quello che io credo sia amore!!
Lasciamo i bambini a casa e pensiamo ad una lunga lettera d’amore rivolta a qualcuno che dovrebbe essere l’archetipo dell'amore di tuttie.
Ne verrebbe fuori un lungo racconto, una lettera o una partitura melodrammatica?
In tutto questo dovremmo dimenticarci di essere innamorati?
Intraprende cioè quel percorso che avrebbe fatto felice Simone de Beauvoir, la quale rimproverava l' incapacità di dimenticare se stessi, il portarsi appresso, sempre e comunque, quella personale sottintesa differenza, giusto lì, sotto la gonna o tra le gambe.
A volte ci si riesce, a volte, messa da parte "l'anarchia" si finisce per ritornare con i piedi tra le pagine della realtà.

Scrivere d’amore è pericoloso, se non inutile, io credo.
Ovidio recita: per mezzo della scrittura si trasmettono segreti per terra e per mare; anche il nemico legge gli scritti inviatigli dal nemico.


In una coppia d’esseri umani si possono nascondere due nemici?

E' un gioco delle parti o un seducente braccio di ferro? E’ vero: c’è nell’amore qualcosa di contraddittorio, sempre, l’insinuarsi proditorio della conoscenza razionale in un rapporto originariamente irrazionale. E il conflitto che ne deriva.
Sia chiaro: aveva ragione Petrarca quando parlava di ossimorica fantasia dell'amore.

domenica 25 novembre 2007

Quel che sono per non sembrare niente




























Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre;
ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.

Avrà il coraggio di dirmi che mi ha amato?
Non lo so. Non lo so e non mi va di essere interrotto per chiedermelo ancora.
Mi sarebbe bastato smettere di parlare per diventare di nuovo perfettamente innocente. Questo, però, mi ha spaventato e ho continuato a fare sempre gli stessi errori.
Che un uomo come me poi, così pigro nell’insieme, così pazientemente rivolto verso se stesso come verso il male minore, uomo di fantasia, orgoglioso dei propri pensieri, che sbaglia e sa di sbagliare, che un uomo così si sia lasciato scoprire senza perdere la sua credulità, potrebbe sembrar strano, quanto meno insolito.
Eppure è successo!
Due osservazioni allora:
primo: poco importa come sia accaduto.
E adesso dove? Quando? Per chi?
Senza più chiedermelo. Dire, rispondere io.
Secondo: la migliore cosa sarebbe quella di non decidere niente in anticipo e invece non è così.
Son giorni che ci penso e lo farò ancora.
Rimane poco di quel che è stato.

Insomma:
nessun cambiamento da quando ho iniziato a parlarne, solo apparenza; disordine, disordine delle parole che è forse un’illusione. La mia, quella di qualsiasi amante insoddisfatto.
Mi dico che è da temere qualsiasi cambiamento. E questa è un’altra assurda inquietudine.
Chi è allora il colpevole? Sono io?.
Cosa ho in comune con tutto ciò? Spero che qualcuno me lo faccia capire.
E’ la situazione, allora, ad averci fatto questo? Credo di sì, anche se poi penso che mi faccia solo comodo crederlo, tutto qui.
Ho paura di perdere l’equilibrio perché andare oltre vorrebbe dire lasciare quello che ho, andarmene di qui, perdermi, muovermi, ricominciare, dapprima sconosciuto, poi a poco a poco uguale a quello di sempre, tanto uguale da credere di non essermi mai spostato.

Ah, ecco: e se parlassi per non dire niente, ma proprio niente sul serio? Sarebbe bellissimo, ma…ma non credo che sia possibile, non ne sono capace.
Al massimo si potrebbe credere di farlo, ma poi ci si dimentica sempre qualche “Sì”, qualche “No”. C’è di che ribaltare tutta una storia con queste dimenticanze. No, non servirebbe a niente, perderei solo tempo.

Ma questi sono ancora dei ragionamenti. L’ho detto: dovrei andare oltre. Ho già detto diecimila parole.
Ho detto quel che sono per non sembrare niente.

Ad occhi che non ardiscono di guardare

























La voglia che ti spaventa in me non è la passione travolgente fra due occhi che la società chiama amanti ostacolati dalle circostanze, né l'amore platonico eccessivamente timido. È un amore che tu credi disperato, a senso unico, vigliacco ma eccitante. Un amore così intenso e inadeguato da spingerti a mentire più volte a te stessa per non accettare la realtà, e continuare a desiderare