giovedì 12 luglio 2007

Il ricordo, io lo ricordo











Quando pensiamo all’estate la prima cosa che ci viene in mente è il mare, il grande caldo, i gelati, le vacanze. Spesso poi è un sapore o un odore, come in virtù di un processo di associazione sensoriale, a riportarci indietro a ricordi vacanzieri a cui non pensavamo più da tanto tempo. E’ strano come così poco della nostra memoria più intensa sia visiva, meno di quanto noi crediamo. Una fotografia è ben poca cosa. Può catturare soltanto un momento, tra centinaia di momenti, nella vita di una persona o di un luogo. I ricordi che nascono dai sensi non visivi, invece, sono più ricchi, sono la prova che le cose che viviamo oggi sono successe davvero ieri, non sono momenti fantomatici o invenzioni frutto dell’immaginazione (il sognare ad occhi aperti, ad esempio), ma figlie del nostro stesso reale passato. Sinossi minima: il ricordo è la rivelazione del presente.

Ha un senso allora il nostro vivere? Si nasce, cresciamo, amiamo, diventiamo vecchi e un giorno, purtroppo, non ci siamo più. C’è un significato, una logica razionale in quel che abbiamo fatto, nelle vite che abbiamo incrociato nella nostra esistenza? Oppure siamo soltanto in balia di una serie infinita di piccoli grandi eventi che, incidentalmente, condizionano le nostre vite? E’ il ricordo lo snodo di tutte queste domande, il ricordo che lasciamo dietro di noi il fulcro del nostro agire.

Sapore di sale, sapore di mare, che hai sulla pelle, che hai sulle labbra… Sapore di sale, sapore di mare, un gusto un po' amaro di cose perdute, di cose lasciate lontano da noi, dove il mondo è diverso, diverso da qui.” Raccontanto così può sembrare tutto scontato. Il mondo diverso di cui parla Paoli è quello delle sensazioni, dei sogni e dei ricordi. Anche Montale parlava di un uomo che steso sulla spiaggia osservava una donna che si faceva il bagno in un mare azzurro e calmo. E’ facile dire che il passato non conta quando pensi il contrario, questo dice il poeta e questo dice anche Gino Paoli in Sapore di sale. Andare fieri dei propri ricordi, dei ricordi di tutta una vita, anche dei propri fallimenti, è un tratto distintivo dei sognatori e quindi degli uomini. I ricordi sono meglio delle prediche, degli psichiatri e di qualsiasi altra cosa. Seduto sulla spiaggia viaggi attraverso le immagini e dimentichi il presente. A volte ti annoi e altre ti diverti, ma dimentichi sempre il presente, perché questo si è fatto avvolgere dal passato ed ha acquisito un alone speciale. Se si analizzasse a fondo l’estate, allora, vedremmo che la sua bellezza sta proprio nel suo essere insieme di ricordi passati. Il segreto è la bellezza del presente attraverso il gusto di un “già vissuto” che è accaduto. Per ricordare bene qualcosa e trarne gioia quel qualcosa deve avere quanto basta. Un po’ di meno è insufficiente, un po’ di più rovina tutto. Questo perché ricordare è un’arte simile a quella di amare. “Il tempo è nei giorni che passano pigri e lasciano in bocca il gusto del sale” Una passione che non diventa amore può riempire le giornate, ma alla fine non lascia niente, proprio come quello che accade quando crediamo di aver a che fare con dei ricordi e invece sono solo autoinganni, solo immaginazione di quello che avremmo voluto che il passato ci desse e che invece non ci ha dato. C’è gente che si accontenta e questi sono quelli che possono vivere senza compagnia, ma non senza quello che si autoconvicono sia amore. Altri morirebbero piuttosto che accettare una vita così, senza ricordi veri, senza vere passioni, senza amore. Ecco perché quando si pensa ai ricordi è un po’ come quando si parla d’amore o della propria giovinezza: le idee non sembrano avere consistenza, son come la carta velina, trasparente, fragilissima, ma tattile come poche cose al mondo. Forse è questo il motivo per cui i grandi filosofi, abituati ad avere a che fare con massimi sistemi, hanno spesso eluso l’argomento, ma non l’hanno fatto le canzoni. E infatti… per quanto stucchevole, è inevitabile che la nostra piccola vita giri intorno a qualcosa o qualcuno che ha fatto di noi degli “idioti felici”, come diceva Dostoevskij, qualcosa che ci prenda per mano e che ci dia la forza per affrontare la nostra vita: il ricordo. Ecco perché per Gino Paoli l’amore è il ricordo di una sensazione che si stampa nella memoria attraverso il gusto del sale sulle labbra. Senza paure, in questo caso la paura di non ritrovare quel sapore, quel gusto che poi altro non è che la metafora della vita, il sale della vita, senza questo non ci sono sensazioni, senza sensazioni non ci sono ricordi, ma i ricordi nelle canzoni non sempre sono astratti, sono appunto il sale sulle labbra, qualcosa di contretissimo. E se da un lato ricordare cose reali ti può persino schiacciare contro la tua stessa ombra, dall’altro senza questo rischio la vita appare vuota e remota come un buchino nell’acqua. La paura che si annida nei ricordi, paura di non poter più vivere quelle sensazioni, quei momenti, quell’amore, quella gioventù, quella paura è sangue, anche se non ci crediamo, anche se ci fa male, questa è vita. La paura di cose irreali ti rovina lo stomaco, la paura che nasce dai ricordi, invece, è stimolo. C’è la stessa differenza che vi è fra sorriso e risata. La risata chiude un ipotetico cerchio, il sorriso no, il sorriso può essere inizio e fine di qualcosa, perché presuppone finali diversi, la risata no, è solo fine di qualcosa. Lo stesso vale per il ricordo, “perché i sogni non sono spezzati quaggiù, ma zoppicano soltanto”, come dice una vecchia canzone di Tom Waits e i ricordi dell’estate sono come quelli di Natale, come quelli del primo e dell’ultimo giorno di scuola: sono il patrimonio genetico della nostra vita, non li perdi più. Non si sa mai cosa ci manca veramente finchè poi non fa molto male. E’ questo allora il senso del ricordo, della canzone di Gino Paoli, il senso di quei ricordi che ci riportano indietro per dirci come tutto era diverso, quando forse lo credevamo uguale. “E la chiamano estate”, diceva Bruno Martino, “un’estate senza te.” Non è così forse?! Perché ognuno di noi quando penso a quel “te” si dà aiuto, si trasforma in ciò che ama e che vorrebbe. Cerca solo quel sogno, quel sogno bello che lo aiuti a chiudere gli occhi e a cantare dentro di sé quel poi torni vicino e ti lasci cadere, così nella sabbia e nelle mie braccia, e mentre ti bacio sapore di sale, sapore di mare, sapore di te” che rende tutto facile da sopportare, anche il caldo, anche l’estate, anche un’estate passata a studiare o a lavorare.

mercoledì 11 luglio 2007

Voglio essere un egoista di merda anche io















Forse è proprio questo il difficile: scindere l'illusione dalla delusione.

E allora finirà che la mia penna assomiglerà ad un rastrello nelle mani di un marmocchietto. Cerchi semplici e linee verticali, inutili quanto belle, belle da non farsi capire.
Va così, non ci si può far nulla, ed io lo so, io che nel mio tempo libero studio noia ed armonia.
E’ già tardi, ho ancora l’odore della pizza doppia massa scamorza e speck, senza pomodoro, mangiata stasera. Stesso posto, stessa pizza, stesso tavolo, stessa plastica verdina sul tavolo.
Bari è sempre uguale, ti aspetta anche quando credi di averla dimenticata.
Non ci troverai mai niente di nuovo. Anch’io, come Bari, son sempre uguale. E’ vero, delle volte perdo la mia semplicità, delle volte si fa fatica a perdonarmi, ma, in fondo, che male c’è?
Perché poi le cose sono tre: o io ho e avrò sempre lo stesso slancio, o quel che scrivo è già una bugia o alle volte certi pensieri non mi bastano più e vorrei capire perchè non riesco a vivere nel mondo degli altri, dove tutti pensano a se stessi e basta.
Questo è quello che dovevi sapere, questa è la mia versione dei fatti.
Niente di più, niente di meno.
E allora immaginami qui, seduto, che aspetto che tutto passi, che passi un’altra volta.
E' da oggi pomeriggio che porto con me tutto questo
troppo tempo per dirtelo,
troppo poco tempo per non spedirtela più.
Chi allora che sbaglia: io che mi diverto a prendermi per il culo o tu che vigliaccheria ti comporti così?