sabato 24 febbraio 2007

Inizio di un romanzo che non scriverò mai






Laura: 27 anni, bionda, appena laureata, fumatrice, amante della musica jazz, mai stata troppo a lungo innamorata.

Giulia: 31 anni, fumetto preferito dylan dog, occhi scuri, non sopporta le scarpe con i tacchi troppo alti, in attesa di capire se la sua laurea le servirà realmente qualcosa nel mondo del lavoro

Enrico: 33 anni, avvocato, divorziato, malinconico convinto assertore della possibilità dell'amicizia fra uomo e donna.

Maria: 33 anni, ex moglie di Enrico.

Ludovica: 29 anni, in cerca di fidanzato, castana, a modo suo sempre elegante, non sopporta aglio e cipolla, tatuaggio sulla caviglia destra.

Fabrizio: 30 anni, vive a Parigi, fisico asciutto, sempre a dieta, guarda dallo spioncino prima di uscire di casa


Sentì un rumore nella stanza.
Giulia, la ragazza più alta prese un libro dalla mensola della libreria e poi tornò a posarlo. L'altra, Ludovica, si sedette sul divano, giocherellava con il suo braccialetto d'argento indiano, lo “snake”.
Da un angolo si sentì un sibilo. Tutte e due guardarono verso la porta, ma nessuno entrò. La luce era bassa, erano passate da un pezzo le sette di sera.
Quel pomeriggio nessuno delle due era riuscita a riposare.
Il caldo che soffiava dalle finestre le aveva tenute sveglie.
Accesero la luce.
Il resto della casa era immobile.
Su una sedia era posato il vestito con cui una delle due era andata al lavoro quella mattina. Aveva lasciato le sue scarpe accanto al divano. Sandali bassi, sandali neri con la suola di gomma e cuoio.
Le due donne erano in camicia da notte, avevano le spalle scoperte.
Non vivevano insieme, era la casa della più giovane. Due stanze più cucina e bagno in un grosso blocco di appartamenti, piccoli alveari con rumorosi cortili interni in una zona periferica della città.
L'appartamento era al terzo piano.
Ora entrambe volgevano le spalle alla porta.
Una aveva dei lunghi capelli neri, la fronte bassa e la faccia perfettamente ovale che terminava con un mento delicato. Fissava il buio davanti a sè evidentemente seccata dalla situazione. L'altra aveva i capelli scompigliati. Non le erano servite a niente le forcine colorate con cui aveva provato a fissare le ciocche rese ribelli dall'umidità di quella sera. Portava delle scarpe da ginnastica bianche con calzini corti di un rosa acceso quasi viola.
Si strofinò la fronte.
Che senso aveva continuare con questi pensieri? Il cuore le batteva forte e sentiva un sapore amaro in fondo alla gola.
Sotto gli occhi aveva degli evidenti segni violacei.
La catenina di corallo rosso che posava sul suo collo si muoveva al ritmo del suo respiro.
Ogni tanto chiudeva gli occhi. Quando finalmente si alzò dalla poltrona era buio.
Trattenne il respiro e rimase in ascolto.
Aveva le guance rosse.
Prese il labbro superiore tra i denti. Una smorfia le increspò il viso.
Poi il suo volto prese un'espressione di profonda serietà.

Per chi va via





Amore... amore non ce n’è mai abbastanza quando vien su la noia. E’ inutile dire: “Vincenzo, dai, svegliati, non puoi fare così tutte le volte. Devi solo…solo stare ad aspettare un giorno appresso all’altro.”. E’ un tremolio che diventa ansia, è come un sospiro trattenuto, è un contagio del corpo sul corpo.
Con quello che scrivo ho fatto un patto, il patto di non fermarmi mai, di nascondere il trucco.
Tutto fuori, tutto è fatto.
Ho scritto di tutti, lo so, accidenti, ed ora ho paura, ho paura di non aver più voglia di questo. E’ come se ora stessi su un treno. Dormono tre persone nel mio stesso vagone. Non ho salutato nessuno, stan vicino a me a me ma non li conosco. Son andato via…ma non mi piacciono gli addii. Sono sempre troppo lunghi, finisce che ci rimango male.

Con cento parole



Non ne servono molte.


Bastano cento parole per dare il peggio di sé.
Che gioco è allora, un gioco che toglie il certo dal pensiero?
E quanto cambia una parola dopo che la si è letta?
Domande senza risposta, come nei libri più belli.
E del resto a cosa servono le parole se non per convincersi della vita e cosa i libri se non per rivedere un po' di futuro?
Provai una curiosità appena appena malinconica la prima volta che mio padre mi portò in una libreria Avevo otto anni.
Solo mio figlio, ora, può capire quel che ho provato.

venerdì 23 febbraio 2007

Dolores







La cena, nel ristorante italiano “Broccolino”, sulla Cordoba, è a base di spaghetti alla puttanesca e di un ottimo vino “Terazas Malbec reserva” per lei e di filetto di angus per me… le piace che le parli dell’Italia e mi piace da morire insegnarle a parlare barese … ridiamo del mio scarso castigliano … ma per noi, molto spesso, parlano i nostri sguardi … e come è piacevole perdersi negli occhi grandi e neri di Dolores … come è bello sentire la sua voce carezzevole ed il suo accento porteňo quando mi chiama … "Vinci"…” … e lei che cerca continuamente e timidamente il contatto con la mia mano … .

Dopo cena ci infiliamo veloci nel mio hotel … un bacio accompagna tutta la salita dell’ascensore … chiusa la porta della stanza … la passione ci avvolge in un abbraccio intenso e spensierato … .

Sono ore che ci amiamo quando, all’improvviso, vedo Dolores portarsi le mani al viso … “Desculpame mi amor … desculpame …. Desculpame … que verguenza …” sul letto una chiazza di sangue … rossa come il colore della sua femminilità … sorrido e l’abbraccio … lei si divincola imbarazzata e preoccupata … “tenian que llegar en la proxima semana” … mi dice visibilmente imbarazzata.

L’abbraccio più forte … le accarezzo il viso … lei distoglie lo sguardo … io col mio sguardo inseguo il suo … fino a reincontrarlo … “me gusta todos de vos … nada no me gusta” le sussurro dolcemente nell’orecchio. Lei è sorpresa, soprattutto sorpresa che io accetti anche questo del suo esser donna … le spiego che un corpo di un essere umano reagisce naturalmente alle emozioni … e che, forse, è questo ad aver provocato il suo naturale “anticipo”; lei è meravigliata come una bimba davanti ad un cartoon di Walt Disney … gli occhi grandi … la bocca aperta di meraviglia … sì … confessa, non provava da anni una emozione così dolce e quella notte, come nella notte precedente, ne aveva perso il conto … “y ahora … como se hace a far amor?” . La accarezzai ancora, la baciai tante volte e le sussurai “se hace … se hace” Incredula mi abbracciò e si abbandonò ai miei baci, tremava quando ancora le entrai dentro … lei tirò la testa indietro ed i suoi capelli si mossero come vele al vento … nella tempesta di un mare mosso da mille e mille carezze … .

giovedì 22 febbraio 2007

little miss sunshine


un film di Jonathan Dayton, Valerie Faris con Greg Kinnear, Toni Collette, Steve Carell, Paul Dano.



E' una narrazione. Questo tempo sta rapidamente corrodendo...e corre anche in questo film...corrono i protagonisti per mettere in moto il loro scalcagnato furgone...corre la piccola aspirante miss con la sua innocente fantasia. Non più solo film: narrazioni. Le narrazioni intrattengono un rapporto multiplo con il tutto e il niente - e, quindi con il sé. Gli uomini si presentano nudi contamporaneamente ai blocchi di partenza e al traguardo...anche le società...la società americana con i propri vizi e le proprie manie.
Questo film è la potente narrazione della vita di un pensiero, quindi della vita degli uomini, di alcuni americani. La vita misurata come letteratura al di fuori di ogni debolismo, di ogni preconfezionata schermata stilistica, di ogni psicologhema - il viaggio inmacchina, mai raccontato e sempre presente, è il mito vuoto e pieno che pressa le scelte dei vari personaggi, pagine di questa fantastica dichiarazione letteraria dei diritti e dei doveri dell'uomo, della libertà di ogni uomo, al di là di ogni moralismo e senza pose ipocrite. E' l'esperienza dell'aperto. E' un bel film, nonostante il mio commento insopportabilmente inutile :)

martedì 20 febbraio 2007

Ma perchè dico sempre vorrei?


















Vorrei...
...prendere l'aereo...
...perdere per un mese la memoria...
...mangiare tanto e non ingrassare mai...
...accarezzarmi il ginocchio, magari dandogli anche un bacino e far passare il dolore che mi impedisce di giocare a pallone...
...vorrei vedere un'altra volta De Andrè in concerto...
...vorrei non dover dire vorrei...
...vorrei che qualche volta qualcuno leggesse quello che scrivo...
...vorrei che mio fratello sorridesse di più...
...vorrei una pizza...
...vorrei far l'amore ora...
...vorrei leggere un bel libro su una spiaggia...
...vorrei andare a Roma domani...
...vorrei sapere di dover partire ogni mese per un posto diverso oppure una volta sola ma per un mese...
...vorrei ricevere una lettera, una lettera bella...
...vorrei essere come ero da bambino, uno splendido seienne...
...vorrei cancellare il tempo...
...vorrei cenare a Parigi stasera...
...vorrei giocare a pallone dopo aver fatto l'amore...
...vorrei ricompiere 25 anni...
...vorrei sentirmi bello...
...vorrei saper disegnare...
...vorrei essere meno ansioso, più rilassato...
...vorrei passare la notte a chiacchierare...
...vorrei dormire a riva dei tessali di fronte al caminetto...
...vorrei non avere paura di perdere il presente...
...vorrei non essere sempre così legato al passato...
...vorrei dormire di più senza perdermi niente di tutto quello che faccio...
...vorre emozionarmi sempre...
...vorrei fermare il tempo...
...vorrei non sentirmi solo come ora.

domenica 18 febbraio 2007

Per avenida Florida mano nella mano




Per tutto il giorno non ho fatto che pensare a lei, a quella notte d’amore, ripercorro con la mente quei momenti felici … quelle ore diventate un attimo fuggente … il lavoro scorre tra una riunione e l’altra … non dormo da due giorni, contando il volo insonne da Roma a Buenos Aires, ma mi sento bene … è come se quelle ore mi avessero dato un’incredibile energia di vita.

Era da tempo che non provavo quelle sensazioni … anzi … mai un rapporto era stato così repentinamente intenso; sempre avevo dovuto corteggiare una donna, dare fondo a tutta la mia “chiacchera” … alle poesie che conoscevo, agli aneddoti, agli “effetti speciali” … anche per sopperire al mio aspetto non certo indimenticabilea prima vista … quella volta no … tutto era iniziato all’improvviso, come l’accelerazione di un’auto potente e sportiva al confronto di un motore diesel aspirato di un autobus … pensavo … .

Alle 7 del pomeriggio, entro in uno dei tanti locutorios della Avenida Florida, la chiamo … l’appuntamento è per le nove e mezza all’incrocio tra la Cordoba e la Florida … alla fermata del taxi … in due ore e mezzo avrò visto 20 volte l'ora … come un adolescente inquieto che attende palpitante di incontrare la sua ragazzina.

Eccola … sorridente … nel suo tajeur a pantalone color vinaccia indossato su quella magliettina nera che a malappena contiene quel seno duro e prorompente che non necessita di essere sostenuto … faceva la ballerina Dolores, prima che una gravidanza e un ubriacone le togliessero la dignità dell’artista e le regalassero, insieme alla gioia di essere madre, anche l’immensa responsabilità di crescere da sola un bambino… costasse quel che costasse … e lei aveva pagato e pagava ancora per quell’amore immenso di madre vendendo il suo corpo, ancora bellissimo, piacevole e femminile …; appena scesa dal taxi la bacio sulla fronte … lei mi abbraccia e ci incamminiamo tra le luci delle insegne accese dell’Avenida Florida … mano nella mano ed abbracciati … come la notte precedente … ma con un sentimento in più.