sabato 13 gennaio 2007

Mélancolie




La poesia non dice mai come “tu”.
La poesia è un conflitto, non è dialogo.
Io scrivo perché non ho mai l’ultima parola,
la poesia è l’amore cieco alla luce,
è come l’amante tradito a cui si dice:
“ Non esser triste, l’hai già perso”.

giovedì 11 gennaio 2007

Cronachistico niente

















Ho fame, anche oggi ho pranzato con delle mele e due carote. Per fortuna che verso le 3 mi bevo il mio succo di frutta alla pera, altrimenti il pomeriggio sarebbe ancora più lungo.

Sono tornato a casa da venti minuti.
Avrei da lavorare: devo scrivere un articolo sulla canzone in epoca garibaldina e devo lavorare sulle note di un saggio sulla tragedia in epoca controriformista. Non mi va!

Mi mangerò un paio di taralli e me ne andrò alla Feltrinelli.
I-pod...una giacca leggera...ho voglia di sedermi e farmi tentare da qualche libro.

Questa sera mi piacerebbe fare qualcosa di nuovo, ma non saprei cosa. I desideri che ho son tutti irrealizzabili. Mi piacerebbe organizzare un viaggio oppure vorrei fare qualcosa che non ho mai fatto. Oddio che noiosissimo patetismo!

Domani andrò in Università. Devo consultare alcuni testi e po ascoltare una lezione su Petrarca.
In serata Matera...quindi pizza!

E così...niente...così arriverò al sabato e così alla domenica.
Non mi aspetto niente da questi giorni, ma forse è meglio così qualche cosa arriverà...dovrà pure arrivare

lunedì 8 gennaio 2007

Poesia












Io so che tu mi ami.

- Come?

- Lo sai.

- No.

- Ma lo fai.

- Come?

- In ciò che fai e non sai ciò che fai.

Io spero che tu abbia ancora l’amore da poterne parlare, il non detto delle emozioni, quel pensoso amore sulle tue labbra.

Perché allora non essere ogni giorno un nuovo ingannatore?

Amare è sempre tradire, è riequilibrare la forze che ci separano dal desiderio.

Tu non mi ami? Non mi immagini allora.

domenica 7 gennaio 2007

Bueno Aires...





Buenos Aires – Gennaio -

Non riesco dormire, dovrei farlo perché domani mi dovrò alzare presto.

Se entro un minuto non sento rumori provo a dormire altrimenti esco.

Nessun rumore dalla strada, l’unico rumore lo faccio io girandomi e rigirandomi nel mio letto. Sento un’inquietudine profonda, mi sento solo … il desiderio di far qualcosa … so che la notte di Baires è altro oltre alle ragazze del Bar Exedra, all’angolo tra Avenida Cordoba e Avenida Carlos Pelegrino, a duecento metri da dove mi ha lasciato il bus l’altro ieri pomeriggio.

Pioveva e non è stato un bel Benvenuto da parte della città.

Credo che al Pelegrino a quest’ora ci saranno tante chicas” … le ragazze che, sedute ai tavolini del bar, dispensano sorrisi ammiccanti e sperano che qualche cliente le inviti al tavolo a bere qualcosa e… dopo un po’ di minima conversazione, si passa a trattare il prezzo di una prestazione …. 100 – 150 pesos … per un’ora della loro fantasia. Ieri notte a quest’ora passeggiavamo lungo il violone. Mi han fatto tenerezza las chicas del Bar Exedra, con il loro volto stanco, le loro storie inventate di una Buenos Aires che ancora non ho potuto conoscere…., ma è vero …il loro sorriso nasconde benissimo tanta tristezza, la loro allegria fa sentire bene i maschi … che credono di poter vivere un orgasmo. Anche questa è un’illusione, come tante sono le illusioni della vita a Baires … “ma che male c’è a comprarsi un’illusione se questa ti regala un po’ di spensierata felicità e ti fa sentire meno solo?”

Come è strana la “sub te”, la metro di Baires, quando ritorno a casa.

E’ piena di odori, nauseabondi alcuni, sconosciuti altri. Fino ad ora l’ho affrontata con l’i-pod e un libro giallo. E’ solo una questione di abitudine.

Se sento un rumore esco… ma non andrò al Bar Exedra … non ho voglia di giocare con las chicas … uscirò e basta … a godermi le strade … anche quelle sporche dei “cartoneros” che scartano i cartoni dai rifiuti dei bellissimi negozi della strada Florida …; è mezzanotte…il suono di una sirena. Mi alzo, esco.

Jeans, camicia nera, maglione sulle spalle, scarpe da ginnastica, le stesse che avevo a Tours.

In discesa per le scale dello studentato …. Una chica è intenta a rifarsi il trucco davanti allo specchio dell’androne… accende il suo sorriso quando mi vede … mi chiede una sigaretta … si avvicina le sorrido anch’io … è bella, mora, alta, un bel sorriso, …. Roxana…è piacevole restare a parlare con Roxana … di quello che offre la notte di Baires … ma, cosa più importante, lei dice e io non sempre la capisco … io e lei … sotto una doccia calda, è un’idea che svanisce presto. “Grazie Roxana … non le so fare queste cose, non son mai riuscito ad essere così” …

Sulla porta del Gran Dorà … aspetto Luca, è di Torino è anche lui qui, ma al contrario mio parla abbastanza bene lo spagnolo, l’ho conosciuto ieri mattina, cerco di fidarmi di lui. L’aria è quella fresca del Gennaio australe di Buenos Aires, alzo il braccio al primo taxi che passa e lo prendo al volo.

Omar è il nome del tassista dai capelli rossi e lunghi … ha la voce di chi fuma e che la notte non dorme … mi chiede subito: “donde vamos senor? … è lì per lì che ci inventiamo un gioco … anch’io voglio la mia notte finta a Buenos Aires… di quelle da raccontare agli amici …da scrivere sul mio blog : “Siamo due giornalisti italiani, stiamo svolgendo un’inchiesta sulla notte di Buenos Aires, sui suoi locali e soprattutto cosa succede nelle sue strade”. Omar accende la sua lampadina di venditore di emozioni, la sua principale attività, capirò dopo, mascherata da tassista. Senor … quiere ir a un local muy lindo y elegante donde, puede tomar una copa, y sacar muy buena chica … chica de clase superior claro …?Luca tenta di spiegare ad Omar che non cerchiamo chicas, io calandomi nel personaggio guardo attentamente le strade che si alternano davanti a noi dal finestrino… Omar, perplesso, spiazzato dalla richiesta, mi dice che ci porterà in giro per Buenos Aires, …. “No quiere chicas senor? “… No rispondo … “però guardarle ci diverte” dice Luca….

Il grande capo


regia di Lars von Trier con Benedikt Erlingsson, Iben Hjejle, Anders Hove, Jens Albinus, Jean-Marc Barr, Casper Christensen, Peter Gantzler, Danimarca 2006


Complesso, strutturatissimo, scritto e girato con una lingua capace di un'ampiezza non sempre comprensibile con l'immediatezza del "genere" commedia- dall'aulico-sublime al basso-parlato, spesso entrambi i registri giocati sul comico, quando non sul drammatico meditativo o sull'intimistico-, Il grande capo è in assoluto il primo esempio di postmodernismo comico nel cinema da molti anni a questa parte: non sfiorando mai, se non in un punto preciso, che meriterebbe trattazione a sé - il tragico, trova una forma per il tragico nella contemporaneità, nel tema della precarietà, specie quella legata al mondo del lavoro.
Con questo film, discutibile e non facile quanto si vuole, ma con il pregio di essere "altro" rispetto a tutto quello che esce settimanalmente nelle nostre sale, si riesce nell'impresa, aggiungendo ciò che ai registi italiani o americani non riesce: dar vita ad un film pirandelliano, teatrale e allegorico che può dirsi pensiero in movimento e che alla fine forse, dico forse, commuove e può anche non piacere, mai.