sabato 3 novembre 2007

1...2...3... tanti voglio















Sì...voglio...
voglio svegliarmi domani e accorgermi che è di nuovo venerdì 2 novembre,
voglio mangiare un gelato doppia panna da colino,
voglio dire tante volte voglio,
voglio trovare Parigi tra le strade di Bari vecchia,
voglio insegnarti a tifare Roma,
voglio vederti camminare,
voglio imparare,
voglio saper dove sarai,
voglio essere dove vuoi,
voglio che tutto sia ancora da fare,
voglio che sia tu a chidermelo,
voglio che gli occhi ritornino allegri,
voglio che il cuore ti dica dove sono,
voglio la mano che mi piace ricordare,
voglio amore amore e poi amore.
.

venerdì 2 novembre 2007

...le si ama di nuovo



...trovato il senso di questa giornata...


...la poesia serve a complicare le cose, ma poi forse complicandole le si capisce meglio, le si semplifica, le si apprezza...le si ama di nuovo

giovedì 1 novembre 2007

Amore









Cos' è l’amore? Esiste? Io ti dico di non arrivarci in maniera diretta, svicolati.
Per me è un valore funzionale alla propria coscienza. Le esigenze sono diverse e così come vedi abbiamo dato la prima martellata alla vecchia estetica, abbiamo fatto cadere il primo pilastro, quello dell’assolutezza e dell’universalità.
L’amore è come la coperta di Linus: dà calore, protezione, rifugio in cui ognuno può infilarsi quando la vita diventa caos, passione, violenza, noia, consuetudine.
E’ il nostro angolo di consolazione, è tutto ciò che assolve la possibilità di sogno, di necessità morale e sentimentale. L’amore va contro la dissipazione morale di questa società, perché a te non frega più niente di questa società.
Ci oblia dalla società che ci fa usare maschere in questo gioco delle parti. Contro questo, io che non ho armi, io che sono disaiutato, dissugato, ho questa arma residua, questa forza della mia vita morale. Tappa su tappa, e attenzione che non diventi sommaria, deve crescere questo carattere alternativo. Sai quale può essere il problema, l’errore? L’errore, il rischio può essere quello di chiamare amore quello che è solo una parte dell’amore, quello che lo domina, lo dirige, e di conseguenza si corre il rischio di essere subalterne e di vedere l’amore solo dalla parte che emerge.
L’amore va vissuto con trasporto, ma senza tralasciare la capacità di criticarlo, bisogna centellinarlo, vedere in che misura il suo passato, il tuo passato in relazione all’amore possa governare il futuro.
Le vie sono tante: ci si regola empiricamente (sì, lo amo, ma però…), in maniera dogmatica trasferendo su altri cose che abbiamo appreso senza averle criticate, o contrastarlo in via teorica, senza aver conosciuto tappe pregnanti, come forse hai sempre fatto tu del resto.
Bisogna semplicemente liberare i significati reali di un gesto, ciò che ha significato per chi lo ha vissuto, ciò che ha pensato, sognato, chi lo ha vissuto.
Essere innamorati vuol dire essere questo.
Poi subisce varie oscillazioni, è come una piccola collana di perle in un grande mare. Tutto si basa su una tensione dubitativa di una intelligenza contrapposta ad un’altra ma più pratica. Guai a togliere allora la coperta a Linus. Lo ritroveremmo nudo a chiedere aiuto a Dio. No, che non si sappia in giro, che non lo si immagini mai così. Cancello tutto allora, non abbiamo detto nulla, non abbiamo fatto nulla. Non esiste allora, abbiamo scherzato e scherzeremo, non esiste un valore assoluto.
L’innamoramento sembra un valore assoluto. E’ la risposta ad un bisogno, ai dolori, alla paura che hanno gli uomini.

lunedì 29 ottobre 2007

Noi tutti

















Ci son due cose che fanno “imbestialire” i giovani: la mancanza di fiducia nei loro confronti e la negazione del loro futuro attraverso l’omologazione. Spesso queste due cose sono complementari e spesso sono anche, basti pensare al sessantotto, ai social forum o alle rivolte di Seattle, la causa scatenante delle più importanti prese di posizioni giovanili nel secolo appena concluso.

I giovani sono fatti per protestare, guai se non lo facessero, ai giovani non si può soffocare la speranza del cambiamento, perché la speranza fa parte dell’essere giovani, fa parte del loro primo dovere: quello di far cadere gli dei, di emanciparsi dai genitori.

All’inizio spesso manca il coraggio.

Si dice: “Verrà il loro turno, non serve alzare gli occhi ora”.

E invece serve e ogni giovane dovrebbe saperlo, dovrebbe sentire questa urgenza.

Non c’è tempo da perdere. Il guaio, invece, è che né le famiglie né la scuole e ancor meno le istituzioni sono disposte a spiegarglielo.

Troppa paura della gioventù, paura di sentirsi superati dal futuro, dai giovani, inadeguati rispetto a questo “nuovo che avanza”.

Ma perché i giovani protestano?

Non si sa ancora se è una cosa che sentono veramente, spesso, infatti, si è troppo pigri, pigri anche nel capire se è una cosa che sentono o invece è solo un seguire la corrente, è adeguarsi ad uno spirito di generazione.

Quante volte ci si è trovati a dei cortei studenteschi con accanto gente che non sapeva nemmeno perché era lì? C’era e basta. C’era perché doveva esserci, c’era perché era un modo più o meno comodo di saltare la scuola, di trovarsi un alibi concreto per non andare a scuola.

Quel che è certo, però, è che arriva sempre un momento in cui è almeno necessario decidere autonomamente del proprio futuro.

No, non è così semplice come sembra, ma bisogna saper capire quando è il momento di decidere della propria vita, anche quando cercano di convincerci che il futuro è già tutto scritto, perché la società non cambierà mai, perché gli uomini non la cambieranno mai.

E’ una forma di qualunquismo finalizzato all’immobilismo sociale e culturale questo.

Non è da giovani ragionare così! Non è da giovani accettare un ragionamento del genere.

La passione è il sangue dei giovani, è la vitalità a cui non bisognerebbe mai rinunciare.

C’è una canzone, allora, che appare adeguata a questo discorso. Una canzone di Luigi Tenco, cantante morto suicida alla fine degli anni sessanta. Un essere malinconico, un uomo di speranze, di voglie, un uomo colto.

Ragazzo mio” è una canzone del 1965, quarantadue anni fa! Eppure è una canzone ancora terribilmente attuale. E’ una lettera scritta da un padre al figlio. E’ una specie di testamento spirituale, un invito ad essere se stessi, a non farsi condizionare dal giudizio degli altri, è l’invito a credere nella forza dell’amore.

Spesso in queste canzoni, anche nelle canzoni di Tenco, avviene, si parli d’amore, ma altrettanto spesso queste, ad una attenta lettura, non risultano canzoni d’amore. L’amore è un’allegoria, ‘ la trasfigurazione della passione, dell’entusiasmo, della bontà ed onestà d’animo in ognuno di noi.

Non devi credere, no, vogliono far di te un uomo piccolo, una barca senza vela… un acchiappanuvole”. Perché allora è così difficile essere giovani, senza diventare degli inutili acchiappanuvole, in un modo in cui ancora i giovani non riescono a trovare lo spazio che meritano?

Perché si pensa che i giovani abbiamo “tutta una vita di fronte”, la solita frase fatta, la solita frase di chi vuole relegare la passione, l’entusiasmo dei giovani in un angolo. La frase a cui bisognerebbe rispondere: - io sono giovane ora, io ho idee nuove ora, io devo essere io ora e non domani, non in un futuro che non conosco e che potrebbe essere diverso da come me lo prospettate adesso.-

Della giovinezza si hanno due foto: una è una nicchia, l’altra è una luce che illumina, ma che spesso abbaglia e non ti permette di vedere quello che c’è dietro, l’orizzonte, il futuro.

Ragazzo mio, un giorno sentirai dir dalla gente che al mondo stanno bene solo quelli che passano la vita a non far niente, no,no,non credere no, non essere anche tu un acchiappanuvole che sogna di arrivare, non devi credere, no, no, no non invidiare chi vive lottando invano col mondo di domani.

L’augurio più bello che un padre può rivolgere ad un figlio è allora quello di non smettere mai di lottare per arrivare ad essere realmente se stessi. Questo dice Tenco in questa canzone. Dice di non allinearsi, di lottare per i propri ideali, ma di farlo seguendo il proprio modo di essere, altrimenti si finisce per farlo invano, si finisce “per andare a fondo da acchiappanuvole