venerdì 22 febbraio 2008

Colori


















Basta, Vincenzo, stai sempre lì a lamentarti, prenditi meno sul serio, stai diventando insopportabile!

C'era scritto questo oggi sul muro di fronte casa mia...
...immaginate la scena...montgomery blu, sì lo stesso di Fabrizio embè?...scarpe da ginnastica, occhiali, barba non fatta...apro il portone con la testa già bassa (periodaccio questo ragazzi) e cosa trovo? Questa scritta che campeggia sul muro di fronte casa mia...
...cos'è? E' un messaggio d'amore un po' troppo camuffato, è una minaccia, un avvertimento, un suggerimento, una preghiera?
E' la verità!
Vincenzo, ora è Fabrizio che ti parla, per piacere cerca di essere meno teso, fatti scivolare le cose addosso, viviti la vita nel miglior modo possibile. Basta con tutto questo grigio, con questi post a due colori, basta con il bianco e nero. Stai passando un periodo difficile?
Vincè scopa che ti passa!

martedì 19 febbraio 2008

Riflessioni sulla lettura














- Io nei negozi di abbigliamento mi sento a disagio. Mi sento osservato, ho sempre freddo. Potessi spiegarle quanto è bello passeggiare, quanto riscalda il sole di un lungomare a febbraio. Ed invece la guardo, che si prova una camicia ed una gonnae si offende perchè nonle dico niente e lascio che si annoi a poco a poco.
“Pensavo fossi più divertente!” Mi dice con l’aria da provocatrice, “sei noioso!”
Sembra rassegnarsi...anche io.
Mi arrabbio! “Ma ti sei per caso innamorata di me??”
Ride con tutto il corpo: “Ma sei scemo??”
Mi sento un idiota..ho 14 anni più di lei, sono un capriccio. -



Quando Fabrizio chiude il suo libro ha ancora questa immagine negli occhi. L'amore è autoinganno, l'amore è immedesiarsi in quel che si legge in un libro pieno di luoghi comuni, anche in quello.

lunedì 18 febbraio 2008

serata di letto e poca febbre













Ascolto Joss Stone urlare dal mio computer...mi fa pensare ad una festa, 18enni seduti per terra a girotondo, fumo, birra e chitarra, voglia di pomicio sfrenato!
Quando ascolto la sua musica mi viene in mente questa immagine, una immagine allegra, un deja vu che non dovrebbe passare mai.
E invece stasera niente festa. Ho la febbre.
Stasera tuta, felpa, libro e letto! Al massimo Fabrizio De Andrè dal vecchio stereo sulla mia scrivania, al massimo.

domenica 17 febbraio 2008

Quelli che...eretici




















Si fa ma non si dice

Quando penso alla borghesia italiana mi viene in mente questa frase, questa espressione, questa immagine.

La prima volta...come ti senti amica fragile
























Ho detto: la prima cosa fare domani sarà chiudere la finestra.
L'ho fatto ed ho ancora l'odore sul collo.
Penso di aver detto qualcosa a voce alta. Ne sono certa, ma non ricordo cosa e mi tocca chidere gli occhi.
Mi siedo per terra a fumare. Fa bene.
Oggi, poco dopo le cinque, mi è venuto dentro.
Una nube grigia e veloce carica di pioggia, umida e calda come fosse estate.
L'acqua mi ha invaso ed è diventata bianca, poi è basato chiudere gli occhi ed è tornata nera.
Mi viene in mente my funny valentine e sono felice.
Poi qualcosa che sembra fumo si leva sull'acqua.
Una nube grigia che affretta la notte,
quello che agli altri dirò essere la fine del primo periodo romantico del mio jazz anni cinquanta.

...eppur mi son scordato di me
















Dedicato alle stelle cadenti…le uniche che ancora si possono vedere.

In città mediamente piccole come Bari, venticinque o forse anche trenta anni fa, si passavano le domeniche d’inverno in casa, magari dai parenti, o di fronte alla radio per ascoltare le partite, in attesa di novantesimo minuto e della serale domenica sportiva. Era un tempo scandito dal riposo, dalle abitudini mutuate dalle generazioni precedenti. Il pranzo tutti insieme, la pennichella pomeridiana, poi magari la visita da qualche cugino o zio, la messa e poi solo verso sera i primi pensieri per la settimana che doveva iniziare.

Questo fino all’avvento della pay tv, fino a quando il lavoro settimanale non ci ha obbligato ad occupare il fine settimana in interminabili file negli ipermercati, che nel frattempo si sono aperti nelle periferie delle città, Bari compresa.

Eccoci allora, tutti in fila, uno uguale all’altro, con grandi carrelli pieni di cose che fino a qualche anno fa non sapevamo neanche che esistessero e che, soprattutto, fossero così indispensabili da farci passare l’unica giornata di non lavoro così, in coda.

Nei grandi capannoni che vendono mobili da montare (e chi li sa montare poi?), tutti uguali, tutti dai trenta ai quaranta anni, neo futuri sposi, tutti precari o poco più. E’ meraviglioso (nel senso della meraviglia che si prova, perché quasi non ci si crede) come ormai solo in certi posti si possa ritrovare una identità di “classe”, nell’accezione meno gramsciana possibile. Si provi, infatti, a passare un pomeriggio domenicale in un discount e si osservi la clientela. La stessa che un tempo frequentava i mercantini rionali, la gente di cui raccontava Pasolini, quella che poi sempre secondo Pasolini si è lasciata annullare dalla televisione, quella a cui la televisione ha strappato la propria identità culturale rendendola uguale a quella delle classi dominanti in cambio di un giubbotto alla moda, di un taglio di capelli trendy, del telefonino che fa anche il caffè. Con una provocazione, allora, potremmo dire che i tanto vituperati ipermercati hanno una loro funzione identitaria: rimetterci tutti insieme, noi precari, precari del lavoro, dell’amore, quindi single alla ricerca della spesa settimanale, precari della felicità, noi classe mille euro, noi sottolavoratori moderni.

Qualcuno ha detto una volta che noi italiani sappiamo benissimo come dovremmo essere, ma non come siamo. Secondo alcuni, noi siamo ancora divisi in modo furibondo tra guelfi e ghibellini sempre pronti a una guerra di “religione”, una guerra di principio. Secondo altri, sarebbe tipica del nostro carattere nazionale la tendenza all'accomodamento, al compromesso, all’accontentarsi, all’arrangiarsi sperando che passi “a’ nuttata”.

Strano paese il nostro. Un esempio per tutti, un esempio molto attuale in questi giorni di dibattito sull’aborto. Secondo l'anagrafe, i cattolici sfiorano in Italia il 98%, ma, secondo un recente sondaggio quelli impegnati, che ci tengono a comportarsi come tali, non superano l'8%. Oggi solo il 12% dichiara di confessarsi almeno una volta al mese, la maggioranza dichiara con bella disinvoltura di non credere all'esistenza dell'inferno e del paradiso, e che dopotutto "c'è qualcosa di vero in tutte le religioni; l'una vale l'altra". L’immagine che ne vien fuori? Un’Italia senza una precisa identità, del “così è se ci pare” di Pirandelliana memoria
E allora diciamoci la verità: aveva o non aveva ragione Francesco De Gregori quando in Stella stellina, agli inizi degli anni ottanta cantava “Probabilmente cominciò con la corriera e con la ferrovia, un uomo chiuse lo sportello e la campagna volò via. Avevi unghie laccate sopra mani da contadina e due orecchini di corallo di quand'eri ragazzina. E ti leggevi i libri che parlavono solo d'amore e poi chissà che altro avevi dentro al cuore. E un anno passa e un anno vola e un anno cambia faccia e una città che muore, che protegge e che minaccia”, un De Gregori, che secondo la buona tradizione poetico-musicale italiana, univa il sentimento al sociale (Dante e Petrarca hanno lasciato un segno indelebile nelle nostre coscienze sia di scrittori-poeti-musicisti, sia di ascoltatori e lettori), che passava dalla descrizione di una ragazza a quella della società meridionale in cui questa ragazza cresceva.

Un affresco non certo generazionale, come spesso De Gregori ci ha abituato, ma identitario. L’Italia vista nelle contraddizioni sfumate di una ragazza, l’Italia che “ci tiene ad essere” qualcosa che non è mai stata o non lo è più. Niente da obiettare, naturalmente, ognuno deve poter essere quello che vuole e anche le code domenicali negli ipermercati non sono altro che il segno del cambiamento dei tempi. Niente da dire, ma non si può lo stesso dimenticare che la massificazione, non tanto dei costumi quanto delle abitudini, porterà a scompensi sociali sempre più difficili da arginare, in termini educativi, psicologici e quindi identitari. Cosa fare allora? O meglio, cosa pensare? “…e non importa niente se capisci che non era vero, c'è sempre tempo per un'altra mano e per un sogno ancora intero. Prendila come viene, prendila come vuoi, non t'impicciare più della tua vita che non sono affari tuoi. Prendila come viene, prendila come va, stella stellina, stella cadente, stella, stella”.

Forse tornare al conosci te stesso e al non vergognarsi mai di se stesso, neanche quando si è in coda in un grande magazzino di mobili fai da te.

Mille parole di chiassosa bellezza























Quando vivevo in Francia il freddo mi prendeva agli occhi. Erano come piccole scintille gelate che mi arrossavano gli occhi. Ora a Bari quel freddo non c'è più, salvo quei tre giorni all'anno in cui il vento del nord scende e si stende sul nostro mare.
Oggi fa proprio freddo!
Il vento fra ondulare i lampioni e nelle strade si moltiplicano le ombre. Cappucci, sciarpe e cappelli rendono gli uomini molto meno riconoscibili.
Non mi interessa dire se oggi sono triste o felice, in realtà ho alternato momenti belli ad altri molto meno belli. Ho voglia di fare l'amore adesso e credo che sia un buon segno, ho voglia di avere tante voglie. Sto leggendo un libro di Alice Munro, una scrittrice canadese che per fortuna non è molto conosciuta. delle volte è bello ritrovarsi ad esser in pochi a conoscere qualcosa di bello, proprio come quando scopri un blog interessante. Se sono in pochi ad apprezzarlo, per me, è ancora più interessante, è più puro, mi sembra più mio.
Sono contento di aver iniziato questo blog, spero di avervi fatto capire perchè continuo a scrivere e non c'entra Fabrizio, non c'entra l'amore per l'amore...tutta colpa delle mille parole di chiassosa bellezza