sabato 22 dicembre 2007

"Se non sono gigli..."





















..."Se non sono gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo"
E' evidente che un cantante non può avere solo una bella voce, e a maggior ragione uno che si scrive le canzoni da solo. Uno che non si fida delle parole degli altri, non si fida di quello che poi è solo un grande specchio che riflette quando non sa di riflettere.
Il sole mangia tutto con il tempo, anche le parole scritte su un foglio di carta.
Ha scritto la prima canzone tanti anni fa. Era un pomeriggio di marzo, era l'ultimo freddo di quell'anno.
Fabrizio, Bicio, aveva una passione: amava andare a letto con le prostitute.
Le pagava per fare l'amore, le pagava per restare con lui, le pagava per dormire con loro.
Disteso sul letto quell anotte, con la luce della strada che entrava dalla porta del bagno, fissava un punto sulla parete.
"Se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo."
La prostituta era slovena, si chiamava shirla.
Parlava uno strano italiano, sapeva leggere però.
Fabrizio nascose un sorriso fra i capelli di Shirla, era l'amore dolce e violento che non aveva mai conosciuto.
Fu così che in quella notte non scrisse altro.
L'amore è difficile da scrivere, è la cosa più difficile da dire, non c'è nessuno che lo insegna, nessuno veramente disposto a dirti perchè lo si fa.
...continua...

Perchè dopo aver visto il film "Irina palm" mi è venuto in mente questo?

  1. Il sesso non "complica terribilmente le cose" tra uomo e donna: le travolge e travolge anche le cose di chi ci sta intorno.
  2. E' una dipendenza mentale, psicologica, che solo in un secondo momento diventa fisica.
  3. Solo la poesia non è caduta nell'errore di attribuire al sesso significati che non ha.
  4. Uomini e donne ch fanno sesso si giudicano basandosi su parametri razionali (durata, lunghezza del pene, grandezza del seno, numero di orgasmi etc. etc.), senza tener presente che farlo non è mai razionale
  5. Spesso il sesso soffoca altri possibili sentimenti
  6. Ci porta all’ossessione, specie nella gelosia.
  7. Pochi di noi sono capaci di viverlo liberamente, e questi pochi spesso sono giudicati male.
  8. Il sesso e l’amore sono anche due cose distinte.
  9. Non serve essere innamorati per fare sesso.

La cattiva strada





















"Sulla cattiva strada"
Dagli amici è chiamato Bicio.
Ha un montgomey blu, dei jeans scuri, sono levi's 501, ha una sciarpa amaranto che gli abbraccia la gola e cammina da solo, con le mani in tasca ascoltando musica.
Ha un i-pod bianco. Chimes of freedom cantata da bruce Springsteen mentre attraversa la strada, prima, invece, ha ascoltato Boys don't cry dei Cure.
E' una strada pedonale che taglia praticamente in due il centro cittadino.
Passa accanto ad una aiuola di margherite, c'è tanta gente, odore di castagne.
Pensa che l'amore, come una città, abbia bisogno di incontri, di frequentazioni, di abitudini.
Ma lo stesso non riesce a capire perchè quanto più è innamorato di quella donna che non sente sua tanto più non ha voglia di parlare con nessuno.
...continua...

venerdì 21 dicembre 2007

Regalo









Quale regalo non vorreste ricevere dalla persona che amate o a cui volete più bene?

lunedì 17 dicembre 2007

Al cinema...Cronenberg





















Si parla di mafia russa in La promessa dell’assassino, il nuovo film di Cronenberg. Ma, come al solito, l’argomento di base è solo una base su cui costruire ben altro. Si parte dalla freddezza e dalla paura di un’argomento che presenta voluti stereotipi (la crudeltà e il sangue, i mafiosi interessati a donne e vendetta, addirittura la vodka) e si continua con la famiglia, il passato, l’amore e l’uomo.
E' un film molto violento, non solo nella violenza, ma anche nei sentimenti, nella fredda paura che serpeggia in alcune battute.
Vecchia come il mondo la paura è il simbolo della vita umana. Nel Rinascimento c'era chi la paragonava ad una ruota, in cui tutto si muove con moto circolare, ad eccezione del suo asse geometrico. E come ogni simbolo, anche questo vale ad innumerevoli livelli. Uno di questi riguarda da vicino l'umanità, in questo senso, che la maggior parte di essa si nutre d'instabili opinioni, ma vi è sempre in qualche modo un centro che dall'instabilità è alieno e a cui, interiorizzando, si può giungere, così come si percorresse verso l'interno uno dei tanti raggi della ruota, fino al cuore di questo sentimento.
Questo è quello che secondo me si evince dal film "La risposta dell'assassino", questo il senso di tante scene cruente che rasentano altrimenti il gratuito.
Un buon film con qualche ma, di sicuro lo spaccato di una parte della società moderna, cosmopolita e affarista, di certo il manifesto programmatico dell'animo umano che sta intorno a tutto ciò.

domenica 16 dicembre 2007

La morte bianca















Ma perché in Italia quando muore un soldato in missione, quindi mentre lavora, retribuito, assicurato e con i contributi pensionistici, in Iraq ad esempio, e tralascio la querelle se si sia trattato di guerra di occupazione o missione di pace, non è questa la sede opportuna per questo tipo di discorso, si fanno funerali di stato in diretta televisiva, e quando muore un operaio in una fabbrica o in un cantiere, magari senza contratto, senza le dovute garanzie assicurative, la cosa si smorza subito senza il dovuto clamore e la giusta indignazione?

Ritengo, e per fortuna non sono il solo a pensarla così, che non sia da paese civile dare così tanto spazio sui media, televisione in testa, a i cosiddetti “delitti alza audience”, Garlasco, Cogne, Perugia etc. etc., solo per citare gli ultimi, e passare quasi sotto silenzio le morti bianche, le morti sul lavoro, quella piaga giornaliera che affligge ora più che mai il nostro paese.

Si ricordi qualche dato: il “cancro” degli incidenti sul lavoro in Italia ha causato più morti della seconda Guerra del Golfo. Si è calcolato come dall'aprile 2003 all'aprile 2007 i militari della coalizione che hanno perso la vita sono stati 3.520, mentre, dal 2003 al 2006, nel nostro Paese i morti sul lavoro sono stati ben 5.252. Un incidente ogni 15 lavoratori, un morto ogni 8.100 lavoratori. Numeri che fanno paura, numeri che dovrebbero indignarci, che dovrebbero spaventarci.

Infortuni che costano ogni anno alla società 50 miliardi di euro. Non è un problema di leggi, no, perché le leggi ci sono, il problema è farle applicare con severità e inflessibilità.

E’ necessario intervenire con un patto per la sicurezza, intensificare i controlli ed eliminare il meccanismo appalti-subappalti, in modo che le imprese si sentano più responsabilizzate.

Non si può risparmiare sulla sicurezza e sul costo dei lavoratori, spesso scegliendo maestranze poco preparate e precarie. Così facendo si va incontro a vere e proprie stragi. Senza retorica, senza patetismo di maniera: stragi. Come si potrebbero chiamare altrimenti tutte queste morti?

Negli ultimi 30 anni, poi, per la sicurezza sul lavoro non sono stato fatti significativi passi avanti, questo non solo è triste, è molto grave.

Cosa fare allora? Per prima cosa indignarsi e questo l’abbiamo detto, poi non farsi prendere dalla rabbia e dalla violenza, come invece in qualche caso è successo.

Sarcasmo, ironia, intelligenza. Queste le armi, insieme a quelle della magistratura e della politica, per arginare questo fenomeno doloroso. Ecco perché la canzone di questa settimana è una canzone di fantasia, non è una canzone pensata in italiano, una canzone cantata da un cantante italiano. E’ la colonna sonora di un vecchio film, di un vecchissimo cartone animato, che grandi e piccoli hanno visto da 50 anni a questa parte: Biancaneve e i sette nani.

Perché questa scelta? Perché far stridere il sentimento della morte con quello di un cartone animato a lieto fine? Perché l’ironia, la satira, perché uno schiaffo a favore di vento colpisce di più, perché è più forte la ferita che non ti aspetti piuttosto che una bombarda lanciata con preavviso.

Provate a fischiettar, vedrete che il lavoro, più leggero vi sarà! Provate a canticchiar,un semplice motivo, sempre allegri vi terrà!” Dario Fo cantava qualche decennio fa “sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al re…diventan tristi se noi piangiam…”, una canzone da cabaret, una canzone di protesta intelligente. Colpire anche con l’ironia, colpire con la satira. Non si deve piangere si deve ridere, colpire con una risata, spiazzare chi ci toglie il diritto ad essere felici può far ancora più male, può sparigliare le carte in tavola.

Chi erano, allora, i sette nani? Dei dolci minatori che aiutano Biancaneve, che la ospitano, che la accudiscono nel momento del bisogno. Cantano quando tornano dalla miniera, cantano per rallegrare la loro ospite, cantano per superare la fatica, cantano per sognare.

Cantando prenderò, la scopa e dopo un po’, invece di spazzare, di ballar con lei vi sembrerà!

De Gregori, in un’altra grande canzone sul lavoro, “La ragazza e la miniera” diceva “e per fortuna che c’è sempre qualcuno che canta e la tristezza ce la fa passare…”, la canzone, le parole miste a musica servono anche ad obliare e obliarsi di fronte ai problemi, anche di fronte alla morte.

Con la morte da sempre si acuisce il disagio sociale, il vuoto di relazione che costituisce uno dei problemi più seri della nostra società. La canzone unisce, così come la risata. Solo uniti, solo ritornando a parlare di giuste, doverose rivendicazioni si potrà dare di nuovo dignità al mondo del lavoro, anche quello fatti dai “fantasmi”, da chi garanzie troppo spesso non le ha.

Indigniamoci per le morti sul lavoro allora, rendiamo la nostra protesta intelligente in archetipo di protesta, tra realtà e simbolo, pathos e ironia. Impariamo a fischiettar, proprio come accadeva nei cortei di protesta degli anni settanta, il sublime grado zero di ogni protesta non violenta.

Non perdiamo le chiavi di un paradiso appena scoperto, fischiettiamo, facciamoci sentire.