sabato 23 dicembre 2006

Déjà vu...sempre la solita cosa



Titolo Originale: DÉJÀ VU

Regia: Tony Scott

Interpreti: Denzel Washington, Jamese Caviezel, Val Kilmer, Adam Goldberg, Tichie Montgomery

Durata: h 2.08
Nazionalità: Usa 2006
Genere: Thriller


Il giallo è come una partita a scacchi: assassino, vittima e complice si muovono sempre secondo una logica ferrea come pedine su una scacchiera; poi arriva il detective che conosce le regole del gioco e riesce immancabilmente ad acciuffare il colpevole. E a far trionfare la giustizia fra la soddisfazione generale. Ma questa è una bella favola moralmente necessaria, una delle tante menzogne ormai consacrate.
E' quello che sembra trasparire dal nuovo film di Tony Scott, è quello che la trama del film lascia credere almeno fino a cinque minuti dalla fine e invece non è così. Invece ci si ritrova di fronte al solito film pieno di possibilità tecnologiche ben sfruttate e carente in sceneggiatura. La realtà, governata dal caso e non da leggi prefissate, è imprevedibile e incalcolabile e «un fatto non può tornare come torna un conto», ci sarebbe da aggiungere alla fine del film per definire e supportare il classico giallo come una finzione piena di eroi e con un immancabile happy end.

giovedì 21 dicembre 2006

Tra la vita e la morte...c'è il diritto di scegliere della propria sorte






La vita così come la morte è una libera scelta, deve esserlo, almeno per chi non crede in Dio.
Per il Cristiano Cattolico la vita è un dono di Dio. Dio ce l'ha data e solo Dio può togliercela. L'uomo non può e non deve decidere sulla propria vita, deve affiarsi al volere di Dio.
Questo per il Cristiano Cattolico, ma per chi non lo è? Per quelli che non credono?
L'Italia, almeno in teoria, è un paese, una Repubblica laica, un paese in cui le leggi non dovrebbero essere condizionate da un sentire spirituale, ma da un assoluto raziocinio legislativo.
Non capisco perché allora un laico che non crede alla vita come dono di Dio non possa scegliere liberamente e senza problemi della propria vita così come della propria morte.
Se io, ateo agnostico, non credo in Dio, io, ateo agnostico, posso scegliere e decidere della mia vita e della mia morte.
Il primo fu Prometeo e fu subito visto come un eroe, ricordiamocelo.

lunedì 18 dicembre 2006

L'amore egoista



L'amore egoista


Lui è entrato in questa stanza tanti anni fa ormai, e qui dentro non c'era ancora niente di suo. C'erano le mie cose e cose di altri, tutte in un perfetto disordine o ordine, che alcuni non comprendono, ma che era il mio ordine. C'era ancora il letto vicino alla parete, il tavolo pieno di tanti piccoli oggettini, il muro pieno di Post-it gialli dai quali il tempo aveva già succhiato l'inchiostro delle penne e i messaggi che avevo voluto ricordare. Il telefono era un altro, un vecchio cordless grigio e stanco che aveva conosciuto le mie telefonate, le mie ansie, le mie paure meglio di chiunque altro. C'erano cose che andavano e venivano e molte di loro non le ricordo più. C'erano persino i miei giocattoli, da qualche parte, tutte le cose che avevo amato da ragazzina e che forse già allora non sentivo più mie. C'erano le foto delle mie estati sulle mensole, i poster di sempre appesi alle pareti. L'armadio della stanza non l'avevamo ancora cambiato e in giro c'erano molti meno giornali. I libri, invece, erano già qui, forse diversi, ma ci sono sempre stati, fin da quando ero piccolissima. I libri in questa casa si riproducono molto velocemente. Li leggo, li metto da parte e li ritrovo dappertutto. E' bello così.

C'era musica che non avrei più ascoltato ed altra che avrebbe avuto di lì a poco un significato diverso, ma lui non aveva ancora visto niente, non aveva ancora toccato niente, usato niente. Non c'erano le sue dita sulle mie cose, il suo gusto nel mio armadio, le sue idee nei cassetti della mia bancheria, il suo passato nella scelta dei miei libri, il suo sorriso nei miei occhi, nella mia testa, i suoi anni nel mio corpo. Io invece i suoi occhi li conoscevo già, era quello che aspettavo, ma ancora non lo sapevo e se anche l'avessi saputo non avrei potuto ricordarlo. Ancora non li avevo mai guardati, ma li conoscevo già.

-Quando inizio ad amare una persona non so ancora niente di lei che non mi son inventato io.- L'ho letto nei suoi appunti, nelle sue poesie. La storia cresce fra le sue dita, il mondo lo costruisce pian piano.

Più tardi mi avrebbe confessato di aver provato fin dall'inizio una forte attrazione per me, quasi una fissazione. Avendolo conosciuto bene ora non mi stupisco più di questo, ma io comunque non credo che sarebbe mai iniziato niente, che lui avrebbe preso la cosa sul serio e sarebbe riuscito ad andare a fondo, se qualcosa solo di suo, se una sua esigenza di allora non gli avesse dato il via.

Le cose vanno così: tu cammini per le strade, dal luogo da dove sei partita fino a dove vuoi arrivare e pensi alla tua vita o meglio a niente. Pensi a come non soffrire in una storia che diventa sempre più instabile, insicura, pensi che vuoi trovare il modo di uscirne o almeno di non viverla più così. E cammini, cammini, cammini. Magari hai sonno, sei stanca. La sera prima hai fatto tardi e vedi che la gente intorno a te ti osserva più o meno direttamente. entri in un negozio, in una stanza, in ufficio, nell'aula universitaria che frequenti e non fai caso agli sguardi, ma ti assicuro che gli sguardi ci sono. Così capita che, senza volerlo, tu finisca nei discorsi di persone che non conosci o che pensi di conoscere solo di vista. Qualcuno parla di te, qualcuno si interessa a te. E' quasi un gioco. Niente è ancora cambiato nè in te nè intorno a te, eppure senza neanche saperlo sei diventata l'idea fissa di qualcuno magari solo perché questo sconosciuto ti ha visto bella o perché in quel momento aveva bisogno di vederti così.

Quando lui capisce di essere attratto da una persona ancora non sa niente di lei e la storia si fa da sola anche quando lui pensa di poterla comandare. E' solo qualcosa di cui aveva bisogno.

Del resto per quel che ne sapevo lui era una figura a me completamente lontana, forse mi incuriosiva, mi faceva compagnia quando si avvicinava per parlarmi, ma niente di più. Qualsiasi magia avesse potuto portarsi con sé, sarebbe bastato un solo piccolo errore per farlo uscire per sempre dalla mia vita. E invece più andava avanti e più a me la cosa piaceva. Mi rendeva complice senza farmi capire complice di cosa. Ma tanto a me in quel momento non interessava capire niente. Mi andava bene così, mi piaceva lasciarmi trascinare. Ma...ma non voglio parlare di come riuscì ad entrare in questa stanza, stanza che comunque per i primi anni non vide mai, non voglio parlare di come conobbe le persone che all'epoca consideravo i miei amici, non mi interessa ricordare il nostro primo bacio. Fu bello capire di essere desiderata da lui. In alcuni momenti riuscì persino a farmi convicere che io e lui fossimo molto più che uguali. Quando le altre ragazzine pensavano già di essere carine, attraenti, quando pensavano solo a divertirsi, io non mi ero ancora fatta un concetto chiaro di come dovesse essere la mia vita, le mie giornate, di come vivere la mia crescita continua. Certo, non ho mai pensato di trascurarmi, ci tenevo ad apparire se non proprio bella almeno un po' carina. Incrociando lo sguardo di un ragazzo che mi piaceva sorridevo distrattamente, con grande moderazione, per non fargli vedere sin da subito il rossore della mia timidezza.

Forse sono stata pazza, ma c'è stato anche un momento, anche se ormai quando ci penso non capisco più perché, a partire dal quale ho iniziato a pensare che era solo grazie a lui se ero diventata così.

Ed io ero bella, ero veramente bella!

Ora mi guardo intorno e capisco che qui dentro alcune cose sono proprio sue, penso che se lui non ci fosse stato ce ne sarebbero di sicuro altre al loro posto. Certe cose le ha trascinate lui qui ed ora posso dire che stanno anche bene con quelle che c'erano da prima, si sono completate in un certo senso, ed ora è impensabile poterle separare. Prese singolarmente non avrebbero più senso.

Certe cose le abbiamo consumate insieme: libri, canzoni, e tutti i fogliettini su cui mi scriveva le sue piccole poesie. Sono tutte cose che forse non riguarderò più, ma che so che ci sono, e so che mi guardano ogni volta che mi tornano in mente. Certe cose, poi, le ha usate solo lui e nessun altro dopo di lui. Le ho lasciate lì ed a nessuno interessano più, neanche a me.

Altre, invece, le ha portate via con sé e credo che continuino a vivere con lui, a guardarlo crescere ancora e sbagliare sempre con meno innocenza, punirsi ed impazzire davanti a qualcosa di perfetto e piangere per ogni cosa finita che lui non sa e non vuole accettare. Altre cose, invece, sono dove vorrei essere io, in certi momenti, dove, invece, ho scelto di non voler essere più.

Ed io i suoi occhi non li ho certo visti in quel posto così affolato di gente simile a noi, no. Quel giorno non li avevo neppure guardati. Visti e dimenticati, proprio come tutte quelle cose che mi disse piano piano e che prima di dirle a me le aveva dette a chissà quante altre persone. I suoi occhi erano quello che non avevo mai avuto, erano le emozioni che avevo paura di non poter provare, erano -Ecco, è arrivato finalmente il tuo momento!-.

Quegli occhi dimenticati e di nuovo amati per dimenticarli spesso, come le cose che si possiedono e si teme di perdere per non volerne fare a meno. Non so perché, non ho mai capito bene il perché io mi sia sempre innamorata di persone così. Forse è stato solo un modo per rimpiangere dopo, a storia finita, a storia finita male, una vita normale, per rimpiangere qualcosa che mi mancava o che pensavo che mi mancasse. Ogni volta mi davo una seconda possibilità ed ogni volta soffrivo e mi legavo di più a qualcuno o a qualcosa. Un mondo mio, a immagine di quello reale.

Ma adesso è diverso. Le cose richiedono un legame che in passato, non solo non son mai stata in grado di dare, ma neanche di pensare. Ecco perché dopo di lui son tornata sempre meno a casa. Non sarei più stata in grado di dedicare tempo alle cose che mi avevano conosciuta. Ho sempre pensato che sarei stata capace in un modo o nell'altro di voltare pagina. Sono poche, invece, le persone così. Tutti noi abbiamo tante vite una dentro l'altra e tutti noi ci leghiamo sempre a cose diverse. Io però ora non lo so a cosa sono legata veramente. Certe volte mi sembra di essere diventata più cinica, capita quando soffri così, quando provi ad uscire da una grande paura. Per fortuna molte cose io le dimentico senza accorgermene. Io non so più bene cosa provo, spesso non lo voglio neanche sapere, non voglio più confondere i miei sentimenti con le parole che usano tutti, con le parole che usava lui con me. Forse in amore ci si dovrebbe accontentare di maggiore silenzio. Questo lui non l'ha mai capito. Spesso le parole diventano solo una violenza. La verità di queste parole non esiste, non esiste questo amore, esiste la mia verità, la verità di quello che proviamo di volta in volta e di volta in volta allora cambia il concetto di verità, cambia il concetto di amore, del mio amore, proprio come cambiava il suo modo di amare me.

Mi scriveva, usava tutti i pretesti per farlo. All'inizio deve solo sedurre. Sedurmi ed andare avanti così. Poi la storia si snoda più o meno da sola e un bacio non basta più quando è costato tanti mesi di attenzioni, parole, tanto tempo passato a lasciarsi innamorare. Perché è lì che si deve arrivare. Lui deve farmi innamorare anche a costo di innamorarsi anche lui di me come di altre, anche a costo di credere di poterne uscire quando lo vuole e capire poi di non essere in grado di farlo più.

L'ho dovuto aiutare io, alla fine, ed è stato difficile, è stato brutto farlo. Ci siamo persi.

Alla fine sono diventata veramente un po' come lui. Alla fine è andata così, è finita senza che ci si potesse fermare a guardare.

Eppure non l'avremmo detto io e la mia stanza, io e tutte queste cose che ancora sono qui, che un giorno sarebbe finita, o per lo meno, che sarebbe finita così. Mi ha un po' deluso, incuriosito, affascinato, delle volte mi son ritrovata qui, in questa stanza a guardare nel vuoto proprio come facevo da ragazzina, a cercare il modo per non perderlo, ma alla fine non sono riuscita a vedere nessuna soluzione, nessuna apertura, nessuna strada veramente comune. Non che lui non fosse fatto per me, no, questo no. Anche se l'ho pensato, ormai non lo penso più. Lui era perfetto. Lui si sarebbe spento comunque, proprio come diceva lui e alla fine, a furia di sentirmelo ripetere, ho finito per spaventarmi, ho iniziato a crederci anch'io.

Delle volte lo vedo e credo che lui non ha superato niente, che l'ho sempre creduto più forte e maturo di quanto in realtà non fosse, che si lascia sempre tutto in tasca, tutte le cose, sia quelle brutte che quelle belle, le cose di una vita frenetica che lui ha sempre voluto a portata di mano. Il suo più grande difetto è che è un incompleto. Proprio come il suo amore per me.

Ormai non riesco più nè ad odiarlo nè ad amarlo, mi fa solo tanta tenerezza e vorrei stringerlo forte a me, fino a fondermi con lui, fino a sentire quel che ancora si prova insieme.

Poi penso a questa stanza, al suo amore, poi ripenso alle sue tasche ed a tutto quello che io ci ho lasciato, e...e anche se non so bene cosa sia, mi viene da sorridere mentre piango.

Io egoista, io l'ho amato così. Io...lui.

domenica 17 dicembre 2006

Il concetto di libertà
















Libertà è l'unico sostantivo che non può avere aggettivi.
Mi si potrà dire che esiste la "libertà vigilata", "libertà pericolosa", "strana libertà"...
...credo che sia giusto, però, fare qualche passo indietro e soffermarci sulla natura di libertà.
Tanto per cominciare credo che sia impossibile mettere dei paletti alla libertà.
Questo non dovrebbe essere ammesso a meno di non alterare completamente il senso di questa parola. La libertà non è un insieme di opinioni, è un'opinione sola e chi vuole conculcarla vuole conculcare il diritto di esprimere e vivere questa unica opinione.
La libertà dentro i paletti è libertà "permessa" e quindi non è libertà.
Mi chiedo allora se è questo quello che dobbiamo abituarci a vivere.
E' questo quello che vogliamo?
La completa rotondità della parola "libertà" celebra la vittoria della vita: della vita sociale e della vita di ognuno di noi. Vita sociale e vita corporea, nel termine libertà, sono una cosa sola.
Detti quelli che sono i diritti della satira, chiediamoci ora quali siamo i suoi doveri.
Il primo dovere della libertà è quello di non scendere mai a compromessi, quello di essere sempre coerente.
Il secondo è quello di doversi mettere in discussione non mirando mai al ribasso.
E' per questo che si deve continuare a parlare di libertà, anche se non è facile capire da dove proviene e attraverso quali canali si trasmette.
Si deve parlare di libertà per renderci meno passivi e conformisti?
Non lo so, forse, o forse il problema non è questo.
Il problema è che bisognerebbe scommettere sul presupposto che in qualche modo ci sia data sempre la possibilità di riconoscerla.
Il difficile, il problema è questo: riconoscerla.
Da qui deriva il delirio sull'infinita possibilità di manipolazione di questo termine.
Aggettivare la libertà è manipolarla, è trasformare la condizione stessa di libertà in impossibilità di persistenza.
In passato, purtroppo, è quasi sempre stato così.
Il problema, allora, è che troppo spesso si è cercato la realizzazione dell'uomo prescindendo dalla libertà.
Si apre, allora, un problema, un aut aut inevitabile.
La domanda: "Che fare?" si trasforma in un più complicato "Cosa non fare?".
Per concludere dico che "l'uomo ha inventato la felicità", e su questo per un laico come me non ci sono dubbi, non credo, però, che la stessa cosa si possa dire della libertà e qui, questa volta, la religione non c'entra.

Ho l'inquieta aria amata di chi sogna sapendo di essere addormentato






Perché l'amore è qui e tace
e niente è più simile alla mia vita.
Passione o rimpianto
se dell'amore sogno l'avere
e non l'inutile paradigma del suo essere?

E' giusto che finisca






- Dimmi la verità: c'è qualcos'altro che non mi hai detto? - , le chiesi io.
- Sei tu che vuoi sentirti dire qualcos'altro, qualcosa ti faccia scaricare su di me le colpe. -

Dopo, prima che le chiudessi il telefono in faccia lei mi ha detto:

- Sapevo che sarebbe finita così, non riuscivo a non pensarci. -

Dal rubinetto del bagno usciva l'acqua corrente più fredda che io abbia mai sentito. Noi due passavamo quasi tutte le sere sul divano a leggere e ascoltare musica.
Una sera mi ha chiamato cuore mio. Abbiamo guardato Harry ti presento Sally in dvd, poi ho mangiato un panino con il salame e una mela rossa.
Avevo voglia di chiamare mio fratello al telefono, invece ho fatto finta di non pensarci.
La nostra situazione rappresenta un fallimento in almeno due dei nostri ruoli più importanti: l'amante e l'amato.
Però lei mi ha detto: - Io ti amo, tu sei la mia vita, ti amo . -
- Mi ami, ma mi stai lasciando. -

- E' il momento di imparare a guidare. - ho detto io, e dalla risposta che mi ha dato ho capito che stava sorridendo.
- Mi sa di sì. -
Fra di noi, imparare a guidare voleva dire smettere di chiedere agli altri di accompagnarci, di proteggerci in un qualche modo.

Finalmente ero a letto.
Potevo dormire steso sulla pancia come non facevo più da anni. Potevo dormire senza cuscino e senza pensieri su cui rimuginare.
Volevo quello che volevo.
Prima di addormentarmi avevo letto dei racconti con un narratore in prima persona che avrei potuto essere io.

- Non ti ho mai detto bugie. - Le scrissi questo prima che mi si spezzasse la punta della matita.
- Aspetta Vincenzo, aspetta. - Mi disse. - Possono cambiare un sacco di cose per te. Magari adesso ti sembra tutto nero, ma dovranno per forza cambiare, non è vero?- continuò lei - Dimmi di sì, ti prego, dimmi che è vero. -

Conversazione






- Pensi che a 18 anni eri più felice di adesso? -
- Avevo più certezze a 18 anni. -
- Quali certezze? -
- La certezza che ce l'avrei fatta. -
- Ma tu ce la farai. -
- Ma non a fare quello che voglio. -
- Cos'è che vuoi fare? -
- ...non lo so. -
- Io penso solo che a 18 anni avevi la certezza che avresti capito quello che volevi fare, tutto qui.-
- Già, forse è vero, ma non mi sembra poco. -

Non ho l'ideologia del successo, sono cresciuto in un'epoca in cui alla ricchezza non si arriva più attraverso la cultura. Non esiste più chi decide di fare il medico per vocazione e non per guadagno o presunto prestigio sociale.
La storia, invece, non mi ha fornito di grinta a scopo di lucro. So di possedere tuttavia tutti gli strumenti necessari per riconoscere i tratti di un insuccesso.

- Inizio a pensare in senso relativo, o sbaglio? -

Minima 11, massima 18. Leggero vento da nord, negozi pieni di addobbi di plastica rossa.
I colori natalizi sono disordinati ma ripetitivi. Proprio come le mie sensazioni questa sera.
Mi pare di non trattenere immagini colori, perché non credo di averne di stabili.
Non ci sono ricordi senza persone che li attraversano. Non ho un' immagine della cena di questa sera, delle persone che avevo attorno, di quello che ci siam detti.

Leggete con me:
Il Bari che vince a Lecce, un pessimo sushi troppo costoso, i jeans larghi, Totti, il masochismo, sms senza risposta, l' attesa di una mail, Damien Rice, lo snobismo, la stanza divisa con mio fratello, MicroMega, l'I-pod, Humphrey Bogart, non faccio l'amore da una settimana, Manhattan, la coca cola, Tours, la pizza con la scamorza affumicata e lo speck senza pomodoro e doppia massa, De Andrè, il numero 6, la forza delle illusioni, i libri che vorrei comprarmi, Charlize Terhon, la clio color polvere, l' anarchia, le clarks con le calze gallo, il ridicolo e la vergogna, Rayanair, la paura di essere felici.
Tutte queste cose non son prive di significato per me. Ne conosco almeno un riferimento.
Tutte queste cose sono sullo stesso piano, mancano di differenza.

I vecchi son come i bambini con l' aggiunta che sono invidiosi.
Credo che dovrei essere meno pauroso. Mi sentirei meno defraudato, mi sentirei più libero.