martedì 14 agosto 2007

Anche voi siete come me
















Tutti abbiamo paura di vederci presentare il conto delle nostre azioni. Tutto quello che facciamo prima o poi ci si rivolta contro, come un contrappasso, come qualcosa che ti incula di sorpresa.
La mia più grande paura è diventare quello che ora non sopporto, la persona che non ho mai voluto essere.
Odio quando mi ritrovo a pensare che non succederà niente se non faccio qualcosa io. Riconosco moltissime cose delle persone che amo e che mi fanno soffrire in me e altrettanto succede a loro credo. Mi odio per questo. Odio il moralismo che accompagna ogni amore non canonico, odio la mia cocciutaggine, il mio senso di superiorità.
Non ho molta pazienza con la gente...chissà perchè allora continuo a tornare, chissà perchè continuo ad amare chi mi fa sentire sconfitto.
Fregarsene di tutto è una malattia che certi giorni vorrei avere. Bacio tutti sperando di essere infettato, ma ancora non riesco a fregarmene. ancora ci tengo troppo e non vorrei...
...perchè mi viene il mal di testa e da piangere e poi continuo ad odiarmi perchè voi non capite che anche voi siete come me.

E' possibile sentire la propria mancanza?












Sono quasi le 11 del 14 agosto...non dovrei essere da qualche altra parte?
Merda!

- ti amo -
- tu mi togli il respiro con il tuo amore -
- ho bisogno di te -
- lasciami stare per qualche giorno -
- allora non mi ami più -

Di punto in bianco tutto quello che dico e faccio non va più bene. Sto dando tutto per scontato e pretendo che il mio amore sia corrisposto.
Ma il mio amore è questo?
Pretendo che mi dica tutto e che sia sincera.
Non amo quelli che mi amano e non trovo qualcun altro da amare se non lei.
Dò per scontate le persone che amo.

(...)









...reagì come reagiscono tutti i mediocri quando sono "colti in fallo". Reagì come chi si vede scoperto, ma non ha il coraggio di ammetterlo.
Lei reagì aggredendomi.
Cosa volevo da lei?
Forse l'onestà di sentirmi dire - non ti amo più come prima, in questo momento penso solo a lui? - o forse un - ti amo- rassicurante, finto o forse normale che mi portasse indietro di qualche giorno.
Invece mi aggredì con sufficienza, furibonda perchè avevo ragione, lei in quel momento non mi amava più, ero un ripiego e lei pensava ad un altro, pensava a se stessa.

Finito. Lei non aveva più bisogno di me.
Pensai che tutto questo doveva avere una ragione.
Naturalmente quella ragione, se c'era, non lo trovai.

Scrivo ti amo una, dieci, cento volte, perchè voglio perderne il senso.
Odio la sua vigliaccheria, forse perchè in questa temo di riconoscere la mia.

A letto mi girai e rigirai per ore senza riuscire ad addormentarmi.
Presi sonno quasi all'alba e quando mi svegliai pensai a come ero diventato patetico, a come stavo soffrendo per una persona che non mi amava più.

Una domanda



















...e ora una domanda...

Secondo voi se un uomo dice di amare, ma poi prferisce non legarsi alla persona che dice di amare, se dopo un flirt occasionale smette di cercare con la stessa intensità la persona che ancora dice di amare follemente, ma se poi non fa niente per star con queta persona il più possibile, se cerca una storia seria, ma non la cerca e non la vuole con la persona che dice di amare...insomma...secondo voi può essere vero amore, o è solo una cosa a cui si vuol dare il nome di amore?

Marrakech...diario di un viaggio


















Per descrivere Marrakech sarebbe sufficiente chiudere gli occhi e affidarsi ad olfatto e udito. Tra i suq della Medina, negozi dove è obbligatorio contrattare il prezzo della merce, e la kasba degli Oudaia, quartiere fortificato su uno sperone roccioso a difesa e dominio della città, vi sono vicoli e piazzette la cui povertà è disarmante. La gente prova a vendere ciò che può: una scarpa usata, camicie dal colletto logoro, meccanismi interni di un telecomando, altri oggetti di uso improbabile. Questa è l’immagine che rimane più impressa nella miamente, che mi porto dentro e mi stringe il cuore.

La strada che da Marrakech porta a Fes è inebriante, si passa dal caldo secco al caldo e basta, non so più se sia secco o umido, ma è pauroso. Ci dicono che non è niente, che gli oltre quaranta gradi che fa ora di giorno un mese fa li faceva di notte e nelle ore più calde si arrivava a cinquantasette gradi. La strada, dicevo, cambia aspetto più volte in quei trecento chilometri e passa, dalla campagna brulla e arida che ormai conosciamo a sterminate distese semi desertiche in cui ci circonda il Nulla. Un albero ogni trecento metri, densità di popolazione quasi zero, qualche paesino ogni cinquanta chilometri che raccoglierà un centinaio di persone, la terra che, via via che ci avviciniamo alla capitale del sud, si fa sempre più rossa, sempre più rossa. In città gli edifici hanno lo stesso colore della terra, sembrano di sabbia, sembra che battendoci una mano sopra si possa alzare un polverone. La povertà è ben rappresentata a Marrakech, in piazza Jemaa el-Fna, tra incantatori di serpenti e di scimmie, cantastorie e danzatori, chioschi che emanano fumo e odori tra i più forti del Paese, vi sono bambini che vendono di tutto, ché qui a sei anni si inizia a lavorare, “così si responsabilizzano”, gomme sfuse a un solo dìrham, dieci centesimi di euro. Ai bambini, però, è proibito avvicinarsi ai ristoranti con terrazze che circondano la piazza, rovinano la rispettabilità del locale, e se ci provano son botte...