venerdì 5 ottobre 2007

Invece accadono



Nella poesia invece le cose accadono.

Amare o tornare ad attendere

dopo aver smesso di cercare?

Timido e vuoto è l'occhio

che spia al buco di una stella

giovedì 4 ottobre 2007

Tutto con la stessa paura





















Io ti ho cercato, io ti ho baciato, ti ho amato, io ti ho scritto, io ti ho amato ancora, io te l’ho detto troppo prsto, io aspetterò quando non ci sarai più, io ti sto scrivendo, io ti cerco ogni giorno.
Vorrei solo che tu ora mi stessi a guardare. Giusto un bacio, un bacio per dirmi che ci sei e che non pensi che tutto questo sia solo un vizio. Ma forse il tempo, la distanza, oppure è solo colpa mia, perché non è facile amare quando si vuole amare.

Io parlo spesso dell'amore, anche quando non c'entranulla. Lo faccio perchè mi sembra la cifra della nostra epoca. Non come presenza e neanche come assenza, come ricerca, consapevole ed inconsapevole.
E’ difficile sapere realmente quel che si prova, soprattutto mentre lo vivi con tale forza, con tale intensità.
Delle volte è possibile, persino, sentire sollievo per la “perdita” di una persona amata e credere, invece, di sentire dolore, perché è questo quel che si è sempre pensato, quel che si deve pensare quel che credono di credere tutti.
E allora ecco, eccomi ancora qui a scrivere versi come “si porta un lutto”, un po’ per abitudine, un po’ per grande amore. E l’amore ormai è sempre più una fragile timidezza, è uno stimolante, proprio come l’oppio, come la cocaina: ci serve per essere altri, ma si paga caro: con il non essere, invece, chi avremmo potuto essere .
Chissà allora quando ci innamoreremo di nuovo!
Me lo dirai? Ed io come farò a dirtelo?

Mi manchi, mi manchi tanto e ti ricordo sempre con grande gioia e malinconia.
Spero che qualcosa ritorni sempre, tutto… tutto magari con la stessa paura.

Considerazioni pseudo-politiche

















Il fenomeno Grillo, il vaffaday, il libro sulla casta della politica, i cosiddetti “grillini”, la disaffezione della gente alla politica, tutte cose di estrema attualità, tutte espressioni di un malessere, di un disagio che le istituzioni non possono ignorare.

E’ questa, forse, la sintesi di quello che in queste ultime settimane si è ascoltato sia da parte dei media italiani, sia da parte della politica stessa, ma quel che è più grave dagli stessi grillino o fautori del vaffaday. Un semplice commento, o una polemica forte, ma anche una posizione di comodo, un modo per esorcizzare più che comprendere fino in fondo il fenomeno, un modo per distruggere e non costruire.

Si è alzato il polverone, quanto siamo interessati veramente a vedere cosa ci possa essere dietro?

Grillo è un imbonitore. E’ la stessa persona che ora attacca la stampa, a suo dire soppiantata dai blog e da internet, ma che solo fino a qualche anno fa chiudeva i suoi spettacoli teatrali sfasciando dei computer sul palco come metafora di ribellione nei confronti della società mediatica e informatizzata. Potenza della coerenza.

Non insegnate ai bambini, non insegnate la vostra morale, è così stanca e malata, potrebbe far male forse una grave imprudenza, è lasciarli in balia di una falsa coscienza”. Questa la prima strofa di una canzone di Giorgio Gaber, Non insegnate ai bambini, appunto, quella che in molti, forse con enfasi, hanno definito il testamento musicale gaberiano. Una canzone che si presta ad una sola interpretazione, ma a molti usi. E’ il grido che si potrebbe lanciare all’interno di molte scuole italiane, ma anche la preghiera da rivolgere alla nostra classe dirigente, senza distinzioni, che si tratti di politici o di gestori di potere.

Grillo sta sfruttando il momento, un po’ come faceva Aristofane qualche secolo fa, ma con meno eleganza e meno cultura del commediografo greco, Grillo cavalca e alimenta la voglia di protesta di noi italiani che nel nostro dna abbiamo più il no senza ragione che il sì ragionato e propositivo. Noi italiani siamo savonaroliani, siamo cerchiobottisti, siamo per l’ordine delle cose, salvo poi fare marcia indietro quando quest’ordine finisce per danneggiarci in qualche modo direttamente.

Grillo rientra nel modo tutto italiano di vivere, di pensare, di salire sul carro dei vincitori sempre e comunque. La politica è in crisi, non ci voleva certo Grillo per farcelo notare. Lo si vede dalla mancanza di una legge elettorale seria, dall’immobilismo degli attori, dalla mancanza di idee nuove, dalla incapacità di saper rischiare. Tutte caratteristiche tipiche delle stagioni dell’antipolitica. Tuttavia non sarebbe corretto e soprattutto non sarebbe utile alla causa del paese scaricare tutta la colpa sulla politica. In primo luogo perché sono ancora i cittadini ad eleggere questa classe dirigente, poi perché la società civile non è certo messa meglio della “casta” e poi perché, molti fanno finta di ignorarlo, ci sono altre caste altrettanto “vampiresche” per le casse statali come la chiesa, quello che un tempo si chiamava “clero”, le corporazioni professionali , che se non sono finanziate direttamente dallo stato, comunque contribuiscono in altri modi a colpirlo, magari favorendo l’immobilismo sociale, male atavico dell’Italia, che ha alimentato nei secoli clientelismo e politica di scambio. Politica, antipolitica, società civile, chiesa tutto appare in crisi, allora, anche la chiesa, che pur negli ultimi ventenni è diventata molto più ricca e influente vede ogni anno ridursi il numero delle vocazioni, dei matrimoni e dei battesimi.

Perché? A cosa si deve questo scenario? Forse all’illusoria equazione visibilità uguale consenso, consenso uguale ragione.

Non ci sono più idee, nessuno ama rischiare la propria faccia con idee nuove, ci si ricicla, portando avanti scenari da evergreen, buoni per ogni stagione, per ogni occasione. Ma ci rendiamo conto che nel panorama musicale ci sono più cover che brani originali? La televisione vive ormai su format consolidati, propone repliche infinite di sceneggiati e soap opera. Se da un lato c’è voglia di continue novità, dall’altro c’è paura di rischiare. Cambiano i nomi dei personaggi, l’ambientazione, ma il prodotto è sempre uguale. In politica il problema non è tanto quello dei pregiudicati in parlamento, come dice Grillo, perché in democrazia gli elettori possono eleggere chi vogliono e se anche con leggi elettorali diverse hanno eletto gente con pendenze penali e civili in corso, vuol dire che volevano eleggerli. Il problema vero è che con questa legge elettorale sono i partiti a scegliere, noi elettori dobbiamo solo mettere una crocetta sul simbolo, niente di più. Questa è casta, così come casta è difendere un sistema che allo stato italiano costa ogni anno quanto la politica, quattro miliardi di euro: il costo della chiesa. Casta è far di tutto per rendere difficile l’accesso a certe professioni per alimentare il “passa consegna” familiare.

Non insegnate ai bambini, non divulgate illusioni sociali, non gli riempite il futuro, di vecchi ideali, l'unica cosa sicura è tenerli lontano, dalla nostra cultura, non esaltate il talento, che è sempre più spento, non li avviate al bel canto, al teatro, alla danza, ma se proprio volete, raccontategli il sogno di, un'antica speranza.”

Grillo politicamente è un fenomeno passeggero. Certo, tornerà a riempire i teatri, i blog, le pagine di giornali, di quelli stessi giornali che lo temono, ma che lo aspettano perché fa vendere copie con le sue dichiarazioni, ma presto si spegneranno le luci intorno a lui, perché non ha argomenti costruttivi. Grillo probabilmente non risolverà nulla, per fortuna potrebbero dire alcuni di noi, perché non è lui che deve risolvere, non è lui a doverci indicare la via da seguire per uscire da questa situazione di buio culturale. Siamo noi, è la società civile che dovrebbe riappropriarsi dei palcoscenici, non farsi guidare. Il vaffaday forse non serve, è una forma violenta di linguaggio, che forse serve a cementare quello contro cui ci si scaglia: la casta.

Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore il resto è niente
Pensiamo ai bambini, quindi pensiamo al nostro futuro, al futuro degli anziani, più bambini dei bambini, più sognatori dei sognatori, pensiamo all’amore, a costruire, quindi, qualcosa di serio e non a giocare con le parolacce che illudono chi veramente soffre e vorrebbe cambiare, ma che non portano da nessuna parte.

Adesso solo ti amo





















Adesso solo ti amo
Ti amo solo adesso
Ti amo adesso solo
Solo ti amo adesso

Le parole che compongono queste frasi sono uguali...la domanda è: cambiando l'ordine delle parole le frasi sono diverse?

Rapido, troppo rapido









Questo è il momento adatto per star qui, per parlarci ancora.
Tutto si ferma a mezz’aria quando diventa notte ed io non so più cosa ci sia dietro le risposte, c’è soddisfazione, fumo, impossibilità forse.
Io sono un ragazzo che ha fatto quattro figlie: a vedermi passare dicono che non è vero. Invece son lì ed ho la foto di ognuna di loro. Una si è staccata da me, una scrive solo cose belle, una voleva solo fare la bambina e giocare, l’altra è diventata mia madre.
Che gioco rischioso far parte di quel che io scrivo, ce ne accorgeremo, lo scopriremo pian piano, ma lo terremo per noi.
Io non potrò mai lasciare Bari, la mia ansia è troppo meridionale. La mia lingua, il mio modo di pensare è febbrigno ed io che conosco il suo gioco posso anche difendermi.
E allora se solo affrontassi la mia vita come affronto quel che scrivo!
Spesso, invece, è un desiderio pieno, proprio come lo sono le bocche, dolci ed umide.

Che dici, sono sempre io quello che appare tra quel che ti scrivo? Mah?! Non pensiamoci allora.
Rapido, troppo rapido l’istante, una donna a cui scrivere, una ragazza nella notte lontana, una lettera, una paura anch’essa.

martedì 2 ottobre 2007

Tadzio




















Cosa è la voglia matta di amare una persona?

E’ qualcosa di fisico ed è questo che provo stasera. E’ una bellezza placida, alta, alta e remota.
Cosa c'è nei baci non dati, nelle parole che non trovano seguito, cosa c'è nella poesia che non c'è nell'aomre?
Cosa nel silenzio se non un rumore, un suono che non è il suo?
Ma qui non si tratta né di buio né di silenzio. Forse non sono queste le domande da farsi, piuttosto dovresti chiedermi cosa ci sia in tutta questa storia se non la voglia di stare insieme. Ma tu non me lo chiedi, hai altro a cui pensare, non credo che ti possa cambiare la vita e allora finisce veramente che tutto questo non è se non c'è uno che scrive.

E’ tardi, vero? E’ notte.
Io credo che gli amori, i sentimenti più dolorosi, qualsiasi emozione soffocante sia poi quella “più assurda”, la passione “più assurda e più vera”.
In questi giorni ho provato tanto sconforto, ragioni incrociate e mischiate, forse assurde nel manifestrasi, ma vere. Ho amato.
Forse dovevo raggiungere una maggiore completezza.
Perché poi mi han detto, non so neanche io con quanta convinzione, che tutto ciò che finisce in quel che noi non vediamo, finisce anche un po’ in noi, insomma finisce veramente.
Non è un “conosci te stesso”, piuttosto, credo, che sia la poesia del crepuscolo, una forma di malinconia, di disillusione più probabilmente.
Avrei voglia di chiamarti, di chiederti se mi hai sognato ancora, avrei voglia di uscire di nuovo e questa volta di uscire con te.
Lo sai quel che ancora provo per te, ma stanotte tu non mi chiamerai, di sicuro, fra dieci minuti non starai con me, forse non mi penserai neanche come ti penso io.
Che bello l’amore, che bello il giorno dopo, che bella la felicità di non poter non pensarci.
Mio piccolo Tadzio, stanotte mi fanno male gli occhi, loro sanno quel che succede, diventano rossi rossi, loro lo sanno quel che penso di te.
I miei occhi sono sonnambuli, sono amanti che si commuovono alla finzione del luogo e del momento.
Ed io stanotte sto contando tutte le parole, le voglio, le devo confondere per non dire sempre che ti amo. Ti annoierei..

Tadzio, che nostalgia! Ce l’ho persino di quel che non è stato niente, per un’angoscia, nostalgia per tutte le mie paure invernali, per le mie paure mal riposte.
Anche dove dormi tu stanotte ci son le poesie scritte a matita, lo so, anche lì ci si innamora.
Persino da questo mio quarto piano barese posso immaginarlo ed io, lo sai bene, mi sento calmo e bello solo nei luoghi dove son già stato, solo quando amo

Buona notte piccolo Tazio
Buona notte passione, capriccio, amore
Di un borghese che non sono,
Malinconia di un poeta che per te non potrò mai essere

domenica 30 settembre 2007

Ho perso le parole





















L’amai
forse mi amò lei. O un'altra.
Se io piansi (chi pianse)
non l’ho saputo mai.