giovedì 12 aprile 2007










Perdonami perchè
ho l'inquieta aria amata
di chi sogna sapendo di esser addormentato.

Perdono... si quel che è fatto è fatto io però chiedo scusa... regalami un sorriso io ti porgo una rosa... su questa amicizia nuova pace si posa... perché so come sono infatti chiedo... perdono... si quel che è fatto è fatto io però chiedo scusa... regalami un sorriso io ti porgo una rosa... su questa amicizia nuova pace si posa... PERDONO.
E se questa di Tiziano Ferro non fosse una canzone d’amore? Se fosse altro? Cosa sarebbe?

Lo so, ormai mi avete capito: io ho pratica dell'invisibile, io sto lì che guardo attento senza farmi guardare. Semplicemente questa sera io mi guardo intorno e mi chiedo se sia più facile ammettere i propri errori o perdonare qualcuno che ci ha fatto del male?

- Scusa, ho sbagliato - è un'espressione bellissima, una frase semplice, ma di una ricchezza di significati disarmante, un'espressione che non rende più debole chi la dice, ma più "uomo", più essere umano e quindi una persona da ammirare.

Che cosa c'è di più bello, per esempio, che sentire una madre rivolgersi al proprio figlio e dirgli - scusa, ho sbagliato - senza che questo comprometta il proprio ruolo di educatrice, senza che questo vada ad inficiare il rispetto che un figlio ha o dovrebbe, o ancora meglio potrebbe avere nei confronti del proprio genitore? Il rispetto non viene per grazia divina, ma bisogna guadagnarselo, ebbene che tutti lo sappiano e se ne facciamo una ragione. Tutti pronti a dire che i nostri giovani non hanno più valori, che la famiglia va protetta per difendere così la nostra società, tutti pronti ad incensare e condannare, tutti dimentichi, però, del fatto che le cronache degli ultimi anni sono piene di quel "parentismo-serpentismo" che da Cogne, passa per Gravina di Puglia, evidenziando come non è solo nella famiglia che si può trovare un nido amoroso, e i Dico non c'entrano niente, come non sempre le colpe di tutto ciò devono ricadere sui figli. La crisi di valori c'è, è vero, nessuno vuole negarla, ma è la crisi della nostra cultura ormai incapace di reggere il ritmo della società che ci ha partorito, è la crisi di un uomo incapace di guardarsi allo specchio, di non vedersi più super-uomo. E non è certo difendendo il dogmatismo dei doveri, non è arroccandoci dietro le false risposte del diritto naturale che si possono trovare i perchè che tutti noi cerchiamo. Io credo, invece, che sia un problema di dignità, un problema di conoscenza reciproca, di rispetto. Non credo alle regole, credo che una società più giusta di questa possa addirittura farne a meno, credo invece nel rispetto, la più bella lezione che un genitore, un insegnante, una religione dovrebbe darci. Da piccolo mi hanno insegnato i dieci comandamenti, ammetto di non averli seguiti mai con vera abnegazione, li ho sempre trovati incompleti, incapaci di indirizzare la vita non solo del credente, ma di ogni persona, confesso però di non aver capito che a tutti questi ne mancava uno, il più importante: il perdono.

Non so se questo sfogo debba essere preso sul serio, ormai avete imparato a leggermi.

Son dell'avviso, però, che queste parole debbano essere viste come un’apertura, come un pensiero non certo venuto a caso, ma come un dovere verso me stesso, come una cosa che non dimostra niente, ma che andava fatta.

Nella mia vita ho sbagliato, ho sbagliato tanto, infatti, ho perso tante occasioni, ho sbagliato a credere nelle persone sbagliate, ho fatto piangere persone che non lo meritavano. E questo credo che ognuno di noi, in qualche modo, possa e debba dirlo. Ammetto tutte le mie colpe, allora, anche se avrei dovuto ammetterle prima.

Ritengo che si stia vivendo la fase più conformista della nostra storia e non c'entra niente questa volta la globalizzazione o il consumismo più sfrenato, non c'entrano i Dico o la Cei. Non sempre siamo disposti ad ammettere i nostri errori, non sempre siamo disposti a perdonare, delle volte troviamo difficile persino perdonare noi stessi.

Ogni volta, allora, fingo di aver capito, ma, tornato a casa, le idee confondono questo pensiero e sbaglio di nuovo, io come gli altri.

Tutto mi stupisce, persino le scelte che ancora non ho fatto, quel “non si sa mai” di sorrisi spenti, quella mia poca voglia di ricominciare. Cos'è? E' l'effetto dei miei errori nella mia vita, la consapevolezza di aver sbagliato, la paura di aver perso qualcosa di importante. Perdono!

Ho tentato quello che ho potuto, fino a che ho potuto, fino a non poterci niente...questo sembra il ritornello della mia vita, della mia come di quella di tanti altri come me, forse.

Nuovo, vecchio, sempre lo stesso, insomma mi è buffo pensare a quei giorni lasciati, a quegli errori di pensiero che ormai mi guardo da dietro, alle mattine perse sui libri ad inseguire un qualcosa che poi non c'è, alle bugie dette, alle vigliaccate fatte a chi mi amava.

Scienza pura la mia, proprio come l'odio e l'amore, come l'idea di perdono, come ammettere di aver sbagliato e non poterci fare più niente, come saper sorridere e dire..."Perdono... si quel che è fatto è fatto io però chiedo . Scusa... regalami un sorriso io ti porgo una rosa... su questa amicizia nuova pace si posa... perché so come sono infatti chiedo... perdono... si quel che è fatto è fatto io però chiedo scusa... PERDONO. "

A questo punto non so se sia più difficile perdonare o chiedere scusa, questo se non l’avete ancora capito era il tema della chiacchierata di oggi. Penso però che siano tutti e due un dovere, non un precetto religioso, ma un dovere di dignità umana, un gesto, una necessità.

Io so che tu mi perdonerai.
Come?
Lo sai.
No.
Ma lo fai.
Come?
In ciò che fai e non sai ciò che fai.

Vi saluto, allora, con questo giochino di parole, filosofia da bar che però mi fa sorridere, mi fa sperare.

Dedicato a tutti quelli a cui non ho ancora chiesto perdono.

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