domenica 6 aprile 2008

Felicità...da Al Bano a Goethe


















Da sempre l’uomo ha cercato di evadere dai limiti angusti dell'organizzazione esistente che la schiacciava, con la fantasia e col sogno” diceva Gramsci. Accanto a Don Chisciotte che aspira all'avventura bella esiste anche Sancho Panza che cerca invece “certezze di vita”, e che prefigura l'uomo del mondo moderno, pieno di dubbi e concretezza.

Le emozioni, qualunque esse siano, sono componenti fondamentali della nostra vita. Da esse, anche quando non ce ne accorgiamo, partono gli stimoli che muovono le nostre giornate.

don chisciotte.jpgL'uomo è soprattutto alla ricerca di quelle sensazioni ed emozioni che lo facciano star bene e lo appaghino, in una parola è alla ricerca di quello stato emotivo di benessere chiamato felicità . La felicità è data da un senso di appagamento generale e la sua intensità varia a seconda del numero e della forza delle emozioni positive che un individuo sperimenta.

Numerose son state le ricerche fatte da medici o psicologi su cosa dia la felcità. Si son cercate, sin dall’antichità, formule, che permettessero agli uomini si trovare, a comando la felicità, il benessere psicologico, ma mai nulla è venuto fuori.

Scrittori, poeti, cantanti, filosofi, persone comuni, ognuno si trova a pensare, descrivere, cercare questo stato di grazia. Per tentare di definire questa condizione alcuni studiosi hanno posto l'accento sulla componente emozionale , come il sentirsi di buon umore, altri sottolineano l’importanza del considerarsi soddisfatti della propria vita. La felicità a volte viene descritta come contentezza, soddisfazione, tranquillità, appagamento a volte come gioia, piacere, divertimento. Cos’è?

Se devo associare la parola felicità ad una canzone la prima che mi viene in mente è sicuramente quella di Al Bano e Romina “Felicità”, una canzoncina anni ottanta senza grandi pretese, che ha avuto il merito comunque di indicare una strada per la felicità, quella della quotidianità, della semplicità. Certo c’è molto buonismo in questo, molta superficialità, e una buona dose di superficialità, ma è nello spirito di quegli anni. Sicuramente è una canzone poco attuale, non c’è più, infatti, lo stesso spirito eccessivamente edonistico di quegli anni. Gli scenari politici ed economici non sono più quelli e quindi anche la canzone festivaliera di Al Bano probabilmente ha ancora meno senso di quasi 30 anni fa.

Ma cosa voleva dire, cosa voleva significare? La verità è che, se vogliamo essere felici, possiamo esserlo immediatamente, perché la felicità non è nel futuro, ma nel momento presente: non conta quanto abbiamo, ma quanto riusciamo a godere di quello che possediamo. Questo era il significato di tutte quelle similitudini mascherate che costituivano lo scheletro della canzone.

E’ inutile, forse controproducente trascorrere la vita inseguendo il successo, la fama, i soldi e il potere, perchè mentre lottiamo e competiamo per raggiungere tutto ciò, ci allontaniamo inevitabilmente dai nostri valori e ci rendiamo schiavi di un sistema che da noi vuole sempre di più e sempre di meglio. Solo concentrandoci sul processo anziché sul risultato, allontanandoci dalla competizione e dalle illusioni condizionanti potremo ritrovare la gioia nelle piccole cose della vita quotidiana e ritornare ad impostare la vita secondo i nostri valori.

Un esempio di felicità come trasporto, per esempio, è rappresentato dall’amore, pensiamo alla raffigurazione pittorica del Bacio di Gustav Klimt. Pensate agli amanti presi dal vortice, dal trasporto del bacio. La felicità nell'attimo di sentirsi felici e l'attimo seguente che, immediatamente, svanisce. Nell'attimo in cui ci si sente felici non si ha una percezione diretta dell'attimo, ma si sente solo la fine del tempo stesso. E' questa la caratteristica tipica della felicità. Noi diciamo che: "la felicità è breve", solo se la guardiamo nel momento stesso in cui siamo caduti dall'attimo felice altrimenti non lo diremmo. Nell'esperienza culminante nella felicità, si è soliti dire che si " può toccare il cielo con un dito" perché cade il tempo. E allora la caratteristica della felicità è di farci sentire infiniti, perché il tempo stesso è come sospeso. Il tempo che cos'è? Quando noi siamo presi nel vortice della felicità, noi dimentichiamo il tempo. E' questa la dimensione di incanto descritta dal Bacio di Klimt, forse la stessa che hanno provato, forse anche inconsapevolmente a rivivere Al Bano e Romina dal palco sanremese, il guardarsi negli occhi degli innamorati, che dura un'eternità. Ma poi si cade da tutto questo. Goethe creò una bellissima immagine quando scrisse "all'acme non si regge, all'acme non si regge. O si cade nell'indifferenza o nella morte". L'attimo viene, piuttosto, come grazia. E allora quali sono i modi attraverso cui si può far rivivere nell'uomo una condizione di felicità? Ecco: questa è la vera domanda da porsi: quando noi usciamo dall'acme, dal culmine, la felicità è finita o la dobbiamo pensare in un altro modo, per raggiungerla nuovamente? Questo è il problema, pensiamoci.

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