sabato 26 gennaio 2008

Non si può mercificare anche la cultura e l'educazione












Scrive Goethe: " Non conosce né passato né futuro. Il presente è la sua eternità".

Quale luogo se non la scuola può racchiudere in sé passione, fantasia e pazzia?
Odiata quando la si frequenta, rimpianta quando i diciotto anni sono sempre più lontani, nel bene o nel male la scuola rappresenta uno snodo importante per la vita di ogni persona. Sulla scuola si è detto tutto, forse troppo, perché troppe volte si è pensato di delegare a questa istituzione la completa educazione degli individui, dimenticando, o facendo finta di dimenticare, che la scuola non può a lungo restare sovrapposta alla società e se la società prende una deriva culturale ed etica anche la scuola finisce per seguirla a ruota. Non è purtroppo la scuola che detta le regole alla società, come qualche volta negli ultimi 60 anni è accaduto, ma il contrario, è la società che direzione l’etica scolastica. Se alla scuola infatti è richiesto solo di "operare bene", dove "bene" significa in modo funzionale alla società, la cultura si riduce al puro controllo e autocontrollo dello svolgimento di programmi imposti dal ministero. Non può essere questo quello che la scuola deve fare. Da qui, probabilmente nasce la separazione della scuola dalla società. Non si può mercificare tutto, anche la cultura, anche gli ideali, anche la scuola. Si è parlato di presidi manager quando si diceva che lo stato doveva essere come una azienda e si è fallito. La scuola non è andata avanti, ha solo visto aumentare la propria distanza da tutto. La scuola, “la cosa più bella” non può limitarsi a misurare la libertà a partire dalla competenza tecnica che i ragazzi acquisiscono. Tutto questo finisce per annullare ogni personale identità, i ragazzi lo avvertono e spesso cercano di rivendicarlo in altro modo, anche “violento”. L’omologazione richiesta dalla cultura tecnica, dove per tecnica non ci si riferisce certo a quella scientifica, ma a quella burocratica, manageriale, mercificata, a cui sembra si sia arresa anche l'istruzione scolastica, dà l'impressione di aver definitivamente rinunciato a ogni ideale educativo e formativo, a vantaggio della pura e semplice acquisizione di strumenti e competenze tecniche. Bisogna dire però, a scanso di equivoci, che questa visione della scuola, che può sembrare pessimista, non lo è affatto; anzi, è addirittura rosea, in rapporto alla realtà dei fatti! Infatti la scuola avrebbe già fatto un grosso passo in avanti se almeno si dimostrasse capace di impartire conoscenze e competenze tecniche. Almeno si potrebbe partire da queste per risvegliare chi forse si sta pericolosamente addormentando.
E invece la nostra scuola è poverissima in quanto a competenze tecniche, a partire dagli insegnanti, da noi insegnanti. E perché tutto questo? Perché non c’è preparazione, non ci sono stimoli economici, non c’è riconoscimento sociale per la figura dell’insegnante. Perché un giovane preparato dovrebbe accettare un compenso di mille duecento euro al mese per gestire classi spesso, troppo spesso ingestibili? Forse bisognerebbe soffermarsi di più sul vero problema della scuola italiana che non è solo l'eccessiva importanza data alle competenze tecniche, ma lo spazio troppo risicato che ha tutto il resto. La scuola veramente è la cosa più bella, o almeno potrebbe esserlo di nuovo. Basterebbe qualche piccolo passo, basterebbe capire che senza la scuola, senza l’autorevolezza che la scuola deve avere, non il potere, perché il potere è sempre qualcosa di negativo, ma senza la dignità autorevole che un insegnante, che la scuola deve poter esercitare non ci può essere una società migliore, un homo novus, come da molte parti ci si aspetta.
Bisogna pensare che le sorti dell'uomo non sono nelle sue mani e neppure sono protette dallo sguardo benevolo di un Dio, ma custodite nel segreto inaccessibile di una natura che Goethe, in un suo saggio sulla natura del 1783 descrive come una folle danzatrice che nella sua danza sfrenata perde gli uomini che gli sono aggrappati senza fedeltà e senza memoria. La memoria e la fedeltà sono l’allegoria della cultura. Una società senza cultura è una società senza storia, una società senza scuola è una società senza futuro.

Nessun commento: