mercoledì 1 agosto 2007

La parola












Di tutte le bellezze più belle perdute o almeno rovinate dai tempi – i tramonti sui canali fiamminghi, i colori di Van Gogh, l’arte della malinconia nel Rinascimento, la retorica dei Romani, la speranza dei Greci, L’Italia di Zoff, Gentile Cabrini, la pizza napoletana, le canzoni di De Andrè, l’epica di Omero, l’arte di leggere, quella di insegnare ai figli a scrivere, il savoir faire e il dolce far niente all’ora della siesta per noi meridionali – quella più compianta è l’arte della conversazione, quella, cioè, di passare ore ed ore a dialogare con amici e sconosciuti senza un vero perché, solo per il gusto di parlare, di conoscersi e riconoscersi in altri, nelle proprie parole e in quelle degli altri. Dove sono finiti quei leoni da salotto, i principi delle visite domenicali, quei conversatori sornioni che davano un ordine alle serate conversando? Per il filosofo francese Diderot la conversazione era uno sport vero e proprio, qualcosa che si faceva senza uno scopo preciso, pour le sport appunto, un servizio per la comunità quindi. Tutti noi, nella nostra vita, abbiamo conosciuto almeno un esemplare di quella specie in via d’estinzione che risponde ai tratti ed al nome di conversatore, che non va confuso con il chiacchierone, con il logorroico che annoia, che ci stordisce con il suo fare petulante e pesante. Il conversatore è altro. E’ un moschettiere, è uno che sa aspettare, che conosce l’arte dell’ascolto ancor prima di quella della parola, che porta buon umore o dubbi, che identifica la libertà di parlare con la volontà. La parola, pericolosa, ma al contempo necessaria, è la nostra arma contro l’abbrutimento, contro ogni forma di schiavitù, questo si legge nella Bibbia. La parola è quel “ centro di gravità permanente che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla gente” di cui parlava Franco Battiato nell’omonima canzone dell’inizio degli anni ’80.

Se ci pensiamo bene, per quanto giusta possa essere un’idea, se mancano le parole, se non c’è chi la fa circolare, chi la illustra, non può esserci in essa una forza efficace e tutto ciò che se ne potrà dire è che si tratta di buone intenzioni, ma attuate male. Ciò perché, come ci hanno insegnato alla scuola elementare, lo stare insieme agli altri è anche e soprattutto parlare e perché il parlare non sta soltanto nella testa, nelle idee che abbiamo, ma nel cuore, nel sangue di ognuno di noi, nella nostra voglia di far gruppo, di migliorarci attraverso il confronto con gli altri.

In questa canzone Battiato fa una piccola carrellata di cose che non sopporta e di altre, invece, che lo colpiscono, che lo rendono perplesso. E’ in questo che nasce l’idea di una ricerca di qualcosa che gli dia stabilità, che lo rimetta al passo con il mondo, che non gli “faccia mai cambiare idea sulle cose e sulla gente”. Come detto, quello che cerca Battiato è proprio la parola, ecco perché alterna frasi italiane, con altre inglesi, ecco perché finisce per dar risalto ad un elenco personale di cose che non gradisce di questa società. Lo fa perché tutto è parola.

Un’idea che non è passata attraverso la nostra voce, oltre che dal nostro cervello, non è un’idea, ed una società in cui non c’è più conversazione, perché non si ha più tempo e voglia di ascoltare, ma solo di dire la propria opinione, una società in cui il monologo ha preso il posto del dialogo, è una società triste, una società con troppe paure.

La conversazione è da sempre lo stampo della personalità di una società, ma non si ferma qui la questione, la conversazione è anche e soprattutto una grande risorsa per ognuno di noi. Ogni uomo dovrebbe essere consapevole di avere il diritto che il proprio parlare gli fornisca le risposte a quel che cerca, o perlomeno che lo aiuti a vivere meglio, che è poi lo scopo che ogni essere umano dovrebbe perseguire nella propria vita.

Parliamo poco e quando lo facciamo lo facciamo sempre di fretta, senza ragionare a lungo su quel che ci dicono. Ci manca un centro di gravità permanente, ci è venuto a mancare tempo, voglia e quella cultura della bellezza che sta nella parola. Certo è che sms, chat, televisione e i-pod non ci hanno affatto aiutato a socializzare, anzi, ci “costringono” volontariamente a scegliere la solitudine, il silenzio invece della conversazione con gli altri. Umberto Eco dice che la realtà la si può conoscere solo attraverso la parola, la parola è il centro di tutto, è il male e il bene, la verità e quello che si crede di essa. Chi parla, quasi con una sorta di intuito difficile da definire, arriva al fondo delle questioni, è quello che diceva Tolstoj, quello di Guerra e pace per intenderci. Chi parla, chi perde tempo in quest’arte antica come l’uomo, e che come l’uomo si è evoluto nelle varie epoche, si avvicina ad un genere di conoscenza che va oltre quella delle affermazioni generali, quella delle consuetudini e dei luoghi comuni, chi parla crea modelli di vita. Questa è la conversazione, l’arte di creare modelli di vita attraverso lo stare insieme, attraverso la scienza della parola dialogata.

Che tutto questo sia orgogliosamente inattuale, in tempi di ostentato, osceno effimero (di dispute interessantissime sul centrosinistra con o senza trattino, di paparazzi che scrivono libri e di libri che non si leggono mai) mi pare quindi pregio non da poco. Evviva la parola, allora, evviva tutti quelli che hanno coraggio, tempo e voglia di conversare con gli amici di fronte ad una birra o una pizza, con la propria famiglia, con degli sconosciuti in ascensore. Evviva quelli che sanno ancora qual è la differenza fra dover essere ed essere.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

fin da quando ero bambina, il mio interlocutore privilegiato, e odiato (per insonnia) è stata la notte, con la sua luna. è fantastica perché, pur sottomettendoti con la sua immensità, è sempre pronta ad ascoltare, in silenzio, perché non emette giudizi. ho imparato da lei ad essere una buona ascoltatrice, e, nei limiti concessi all'uomo, ad essere cauta nel giudicare, o quantomeno a concedere una seconda e una terza chance. mi capita di condividere con altre persone il piacere di questa soggezione onnipotente, ma pochi sono quelli che l'affrontano da umili discepoli.

Anonimo ha detto...

Quanti anni hai?

Anonimo ha detto...

io 32

Anonimo ha detto...

sono la prima anonima.
ho 32 anni

Anonimo ha detto...

ma con la luna che scambio hai? è un monologo!

Anonimo ha detto...

All'anonimo che dice che è un monologo:
Prova a guardarla (la luna, cambia espressione.
A volte e triste altre sorride.
Hai notato?
Io sono un'altra anonima: Anonima2

Anonimo ha detto...

é saltato un accento!!!

Anonimo ha detto...

Ormai parlate fra di voi...posso anche sparire

Anonimo ha detto...

Sono i rischi del mestiere... e poi, noi, voi che differenza fa.
Siamo qui grazie a te. Sei forte
e... non fare il geloso del blog :)
anonimo2