venerdì 20 luglio 2007

Arrivederci amore ciao




Una persona alla quale si rivolge un rimprovero o una critica negativa può avere due reazioni: la prima è constatare l'attendibilità della critica, chiedersi cioè se il rimprovero è fondato in modo da poter porre rimedio, anche solo attrarverso una parola che sta diventando, purtroppo, sempre più fuori moda nella nostra società: "scusami".
L'altra possibile reazione, invece, è quella di arrabbiarsi e "ribaltare la frittata", di attaccare, per non essere attaccato, chi lo sta rimproverando, insomma di ritorcere i rimproveri a chi un secondo prima li ha mossi. E' un giochino "politico" quello di attaccare l'altro che ti critica, lo vediamo in tutte le salse ogni giorno sui nostri giornali e telegiornali. L'accusato che diviene accusatore, che alza un bel polverone sulla vicenda in modo da insabbiarla per benino e rimanere pulito, perchè se siamo tutti sporchi di sabbia e nessuno è poi del tutto pulito nessuno è realmente sporco, no?
Questo è quello che accade in politica, questo, purtroppo, è quello che accade anche in amore, quando un amore finisce, e se finisce finisce male, altrimenti non sarebbe finito, un pensiero banale quanto basta, ma purtroppo un pensiero vero (farsi un esame di coscienza prima di dire che non è così).
L'amore che l'amante lasciato tiene ancora fra le mani appartiene ad una specie rara quanto usuale in tutti i sensi del termine. Quella della passione votata ad una sorta di eliminazione, di passaggio in ombra che porta tappa dopo tappa al superamento del dolore insieme all'amore stesso. Se la maggior parte delle canzoni italiane sono canzoni d'amore, il dato è figlio di una ricerca voluta da un settimanale americano nel 2005, va detto che la maggioranza di questa maggioranza parla di amori tristi, di amori giunti al termine, se non proprio finiti.
"Arrivederci amore ciao", tre parole, una frase, tanti usi. Nel caso di cui stiamo parlando un dialogo intimo, che introduce una giusta precisazione: un'affermazione da annoverare tra quelle che non raggiungono mai il proprio destinatario, se non attraverso il percorso deviato di una scrittura che si batte con le mani, con le armi o con la mente, il grido di un'anima ferita in cerca di guarigione e di una solitudine esigente. Questo nelle parole della canzone di Paolo Conte, portata, però, al successo da Caterina Casella nella seconda metà degli anni 60. Tutto questo nel ritornello di una canzone che si presta a molte interpretazioni, proprio come ogni storia d'amore finita male. Ad un primo livello appare come una vicenda molto semplice, una di quelle che tutti hanno prima o poi vissuto: un amore finito che si saluta con espressioni di congedo più che di vera rottura.
"Arrivederci amore ciao...finisce qua...chi se ne va che male fa?" una domanda che in un certo senso racchiude in sè però anche la risposta , ma una risposta rivolta non tanto all'Altro quanto a se stessi, perchè l'amante lasciato non si concentra sul rimprovero di colui che ha mancato, ma sullo sforzo di vedere chiaro dentro di sè al di là del dolore e dell'umiliazione.
Osservando più a fondo, quindi, è una canzone che ci invita ad esplorare un'anima ferita nei suoi recessi più intimi: l'anima di ognuno di noi di fronte alla perdita dell'amore. Ma osservando ancora più a fondo, si può dire che siamo di fronte ad un tentativo quasi disperato di circoscrivere con logica franchezza ciò che Baudelaire ha definito le esigenze dell'amore. Un tentativo condotto senza dover far ricorso a parole che non siano le più semplici, le più nude, "arrivederci amore ciao"appunto, perchè l'amante lasciato è perfettamente consapevole che la minima concessione al patetismo ed ai suoi orpelli retorici pregiudicherebbe la sincerità e dunque la necessità di un testimonianza. L'addio di chi lascia permette al lasciato di veder più chiaro nella propria vita e di dirgli a sua volta ciao. Colui che lascia sceglie la vita, chi è lasciato gli risponde che la vera vita non si trova in quel che lui immagina.
"Arrivederci amore ciao" l'amante lasciato non si concede nessuna consolazione, nemmeno quella del disinganno: conosce i limiti della passione e non ignora le proprie debolezze, ma concepisce ugualmente l'amore come una forma di lucidità condivisa, capace di far spiccare e di fondere in un nuovo essere vivente pienamente consapevole di sè, il meglio di ciascun uomo. Questo è l'amore, questo è quello che ognuno di noi dovrebbe avere il coraggio di dirsi quando è lasciato da chi ama come se stesso. Ma dire questo purtroppo non basta, non basta mai. Se si vuol vedere chiaro, bisogna che si accetti di mettersi a nudo senza restrizioni: l'amore non è amore se non trasgredisce ogni falso pudore, diceva Paul Eluard, un grande poeta francese del secolo scorso. Il protagonista della canzone non sembra, quindi, negare a se stesso di aver chiesto troppo, immaginando un eros, perchè è di questo che si tratta, in cui ciascuno si fondesse realmente con l'altro. Ma lui non rimpiange niente, sembra consapevole del fatto che a mantenere uno sguardo lucido sulle cose si corre il rischio di precipitare nella più buia desolazione. Baudelaire, ancora lui, diceva che il saper vedere le cose che finiscono è il solo vizio che ci rende liberi. Liberi in un deserto. Questa canzone allora affronta la prova del deserto, ma chi ha vissuto questa esperienza, e almeno una volta nella vita la maggior parte degli uomini è stato lasciato da qualcuno che amavano, sa che il deserto è il luogo dei più grandi incontri. Ecco perchè da una canzone che descrive un amore finito si può leggere una vena d'armonia e di contrappunto, in cui ogni domanda sembra avere la sua risposta, ogni idea la sua complementare, ogni tristezza la sua voglia di rivincita e di felicità.
Proprio per questo "Arrivederci amore ciao" son più cose insieme, tenute strette da un fil rouge che non è nè rimprovero, nè semplice contrattacco. E' una malinconia rarefatta che marca con un segno indelebile la vita di ogni ascoltatore.

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