lunedì 1 gennaio 2007

Urbi et orbi







Urbi et orbi (come ogni anno)

"Misi me per l'alto mare aperto"
un verso di 700 anni fa. La grandezza di questo verso sta nell'aver scritto
"misi me" e non mi misi.
Io non sono quello che sono, sono altro. Questa è la grandezza, la
vorticosità di questo verso.
Questa è la grandezza di chi ha scritto questi versi, la gioia di chi
rincorre, l'ingegno di chi sorride quando potrebbe ridere.

Dunque tergiverso:
E' la fine dell'anno più brutto della mia vita, è il mio ottavo Urbi et
orbi, e quest'anno è un appuntamento a cui tengo molto.
Come ogni 31 gennaio mando a tutte le persone che ho in rubrica la stessa
mail, le stesse considerazioni, le stesse personali inutilità.
Una mail per tante persone, persone diverse fra loro, diverse per età ed
interessi, persone che ho conosciuto e che mi hanno conosciuto in modo e in
veste diversa. Amici di una vita ed altre che in qualche modo ho amato,
semplici passanti o ricordi che diventano sempre più belli. Tutti insieme
nella stesa cerchia, sulla stessa bicicletta, in un'unica mail.

Ma torniamo a noi:
perché quest'anno sia stato di merda non credo che sia giusto dirlo.
Diventerebbe un lamento troppo serio, sarebbe patetico star qui ad elencare
tutti i morsi alle mani di quest'anno.
Parliamo d'altro allora, non pensiamoci, facciamo finta che sia già finito.
Ho un maglione blu, la camicia bianca, le mani fredde e le mie vecchie
scarpe da ginnastica. sto ascoltando Paolo Conte dal mio computer, fuori c'è
un sole trascurato e questa sera passerò una sera particolarmente
tranquilla.

Sono coinvolto da un duplice desiderio.
Da una parte so e mi dico che sono un ottimista, da un'altra però non perdo
occasione per esternare tutto il mio scettico cinismo.
Imporre alle mie passioni la maschera della discrezione e camminare con il
dito puntato sulla maschera?
Questa domanda è stata un po' il fil rouge di questi mesi.
Ogni passione ha alla fine il suo spettatore, ce l'ha l'amore, come la
rabbia o la depressione.
Il problema non è neanche questo, il problema è doversi riconoscere in
questo, è accettare quanto questo condizioni la propria vita, quanto e come
la orienti.

Se mi lamentassi farei come quello che ci acceca per credere poi di non
essere visto.
Ho superato da tanto tempo la fase di chi cerca la com-passione degli altri
e al contempo la loro ammirazione.
Al liceo ero così, non volevo ammetterlo, ma ero così.
Non giocavo, rischiavo.
Rischiavo perché erano pochi quelli che volevano capirmi, quelli disposti a
perdere un po' del tempo dei loro 17 anni per le idee che avevo io (alcuni
di quei pochi sono ancora qui e questo mi fa particolarmente piacere e li
ringrazio).
Lamentarsi ora sarebbe un'operazione da cabaret, da film americano, dovrei
solo trovarmi una biondina carina che si innamora del ragazzino barricadero
del college, del ragazzino che amava Leopardi (sono anni che non lo leggo
più, ma mi riprometto di farlo), De Andrè e Rudy Voeller e verrebbe fuori un
perfetto film da trasmettere su Italia 1.
Invece questa mail ha il compito di accennare e ti tacere, di imbrogliare le
carte in tavola, di non far capire più niente.

Con il mio linguaggio io posso fare tutto: anche e soprattutto posso non far
capire niente.

Questo dicevano gli amici francesi e questo credo che debba essere anche un
grande insegnamento per chi aspira a non prendersi troppo troppo sul serio.
Le mie parole, allora, sono un bambino cocciuto (che bell'aggettivo
"cocciuto", lo usava spesso mia nonna, erano anni che non lo sentivo più), i
miei desideri un uomo troppo cresciuto (e così ho fatto anche la rima!)

Del 2006 so che, comunque, devo salvare qualcosa.

Fatti non fummo per vivere come bruti
ma per seguir virtude e canoscenza

e per questo voglio ricordare Tours e le passeggiate furiose nei vicoli del
Marais,
le serate con cinema e pizza, il sushi, aver contribuito a mandare
Berlusconi a casa, gli articoli di Curzio Maltese,
le passeggiate mano nella mano, il nuovo disco di Damien Rice, la Juventus
in serie B, la felicità che mi dava leggere libri di Carofiglio nei caffé
di Parigi, i muffin pera e cioccolato, le risate negli spogliatoi dopo aver
giocato a pallone con gli amici, la voglia di scrivere ancora, di stringere
i pugni, mio fratello, l'entusiasmo, l'amore per quello che faccio e voglio
fare, la malinconia, la mia guida, la persona che se non mi ha insegnato a
pensare, mi ha insegnato a farlo nel modo meno sbagliato.
A questa persona devo tutto,
come tutto, come sempre.

Murakami, Springsteen, Blob, De Andrè, Totti, Moretti, Allen, Munro, Loach,
Radio Capital, la era del 29 Luglio con gli amici, le gite a Matera, la
speranza di aver iniziato a capire quel che voglio fare da grande, la
certezza di non aver smesso di crederci, di incazzarmi, di emozionarmi.
Insomma...inizia il 2007 ed io so di avere un occhio nero e uno blu.

Noi ci allegrammo e tosto
tornò in pianto;
ché de la nova terra un turbo nacque
e percosse del legno del primo canto.
tre volte il fé girare con tutte l'acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com'altrui piacque,
infin che'l mar fu sovra noi richiuso.

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