mercoledì 25 luglio 2007

Scusate se compio 32 anni e me ne vado









.... né dolcezza di figlio, né la pìeta
del vecchio padre, né il debito amore,
lo qual dovea Penelope far lieta
vincer potero dentro a me l'ardore,
ch'io ebbi, a divenir del mondo esperto,
e de li vizi umani e del valore.
Ma misi me per l'alto mare aperto,
sol con un legno e con quella compagna
picciola, dalla qual non fui diserto....

(Dante Alighieri, Commedia, Inferno, Canto XXVI)

Ognuno di noi ha la propria Itaca, quel posto più o meno lontano, da cui manchiamo per anni e verso cui in un determinato periodo della nostra vita, all’improvviso, sembriamo dirigere tutti i nostri sforzi. Piangiamo, ridiamo, lavoriamo, insomma viviamo, tutto per andare da un posto ad un altro, da un amore ad un altro, da un’età ad un’altra. Tutta la nostra vita è un percorso, una specie di viaggio, un viaggio strano perché non sappiamo bene né il luogo di partenza, né lo scopo, né quello d’arrivo.

Per la sola ragione del viaggio viaggiare.

Il viaggio è qualcosa da vivere lentamente, segue l’anima di chi lo compie. Il primo concetto, alla base di qualsiasi movimento, quindi anche del viaggio, è la libertà. La strada, i grandi panorami che si perdono a vista d'occhio, sia che siete in posti di mare o che state sul ciglio del Grand Canyon; la voglia di libertà dei viaggi in macchina, il sogno del Coast to Coast, insomma esistono un insieme di elementi che ti spingono verso questa libertà.....la voglia di urlare e di sfogarsi, uscire dai "panni" di tutti i giorni......ed esprimere un lato della propria personalità, più delle volte repressa nel nostro inconscio.

Non bisogna soltanto scattare 4 foto per dire di aver viaggiato; bisogna soffermarsi ore e ore alla scoperta di posti nascosti, meno famosi (purtroppo spesso si va solamente alla ricerca del classico luogo da foto...o quello che pubblicizzano guide e riviste), bisogna scoprire il territorio a piedi o con altri mezzi...insomma spingersi sempre alla ricerca di nuove sensazioni. Questo vuol dire scoprire il mondo con gli occhi di chi a viaggia. Ma il viaggio certe volte difficilmente diventa questo. Spesso è un miraggio, perché un miraggio è la libertà che si nasconde dietro l’idea, la voglia di viaggiare. E’ questo il senso della canzone di Francesco De Gregori, Viaggi e Miraggi del 1992. Perché ogni nostro viaggio é un percorso d'incontro con noi stessi, seppure ancorato ai pregiudizi che ognuno di noi si porta dentro. E non è facile scontrarsi con questi pregiudizi, ed ancor di più difficile è averne la meglio. È perciò vero che ci si dovrebbe aprire all'ascolto dell'altro, capire le sue ragioni, e imparare a guardare il nostro mondo come lo guarderebbe uno straniero. Allo stesso dobbiamo guardare il mondo che non ci appartiene non restando prigionieri del nostro, ma dando luogo a uno scambio effettivo. Occorre quindi liberarsi, almeno in parte, dei condizionamenti, non restarne prigionieri. Questo è il viaggio, un viaggio che si può compiere comodamente seduti sul proprio divano, restando fermi per una vita nella stessa città, proprio come Socrate, il grande filosofo greco, considerato uno dei primi intellettuali cosmopoliti pur non avendo mai lasciato la sua amata Atene.

Viaggiare, quindi liberarsi dei pregiudizi per sentirsi liberi, liberi si essere se stessi. Ma, attenzione, non è facile tutto questo. Perché i condizionamenti rappresentano anche quello che noi siamo, quello che ci costituisce in quanto prospettive sul mondo. Ciascuno di noi é un occhio che guarda, e ogni occhio é diverso dall'altro. Non é una tabula rasa. Non possiamo immaginare di sbarazzarci di tutto ciò che ci portiamo dietro. Ciò che ci portiamo dietro é zavorra, ma é anche lente, filtro, luce, che permette di guardare, è anche quello che siamo sempre stati. Per vedere, occorre avere visto. Non é importante, allora, Itaca come "meta", ma il "viaggio" in quanto tale, che offre emozioni e senso al "navigare", al nostro vivere. Il "viaggio" é alimentato dal fuoco continuo delle esperienze, quella della nostalgia e quella, altrettanto bruciante, dell'attesa. Il viaggio é viaggio, e ciò che vi accade dev'essere preso sul serio, non soltanto strumentalmente, come un modo per passare da un punto all'altro. D'altra parte ciò che v'accade si lascia illuminare, e quindi sperimentare, nella sua "verità" e nella sua "profondità" solo se messo in rapporto con il punto di partenza e quello di arrivo. Non è facile viaggiare, questa è l’unica cosa certa, ma quando ci si riesce, quando ci si allontana, quando ci si accorge di essersi lasciati alle spalle, casa, passato, routine, allora…allora vuoi che questo viaggio, questa sensazione non finisca mai. “Ma chi l'ha detto che non si deve provare a provare? Così partiamo, partiamo che il tempo potrebbe impazzire, e questa pioggia da un momento all'altro potrebbe smettere di venir giù. E non avremmo più scuse allora per non uscire. Ma che bel sole, ma che bel giallo, ma che bel blu! E’ tempo d’estate, tempo d’agosto, è il momento dei viaggi, viaggi che non dovrebbero finire mai, viaggi che bisogna saper viaggiare, affinché non restino solo dei miraggi. Buone vacanze, buon viaggio ovunque siete, ovunque andrete.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

VINCENT
(Vecchioni - Don McLean)

Guarderò le stelle
com'erano la notte ad Arles,
appese sopra il tuo boulevard;
io sono dentro agli occhi tuoi,
Vincent.

Sognerò i tuoi fiori,
narcisi sparpagliati al vento,
il giallo immenso e lo scontento
negli occhi che non ridono,
negli occhi tuoi,
Vincent.

Dolce amico mio,
fragile compagno mio,
al lume spento della tua pazzia
te ne sei andato via,
piegando il collo
come il gambo di un fiore:
scommetto un girasole.

Sparpagliato grano,
pulviscolo spezzato a luce
e bocche aperte senza voce
nei vecchi dallo sguardo che non c'è
poi le nostre sedie
le nostre sedie così vuote
così "persone",
così abbandonate
e il tuo tabacco sparso qua e là.

Dolce amico,
fragile compagno mio
che hai tentato sotto le tue dita
di fermarla, la vita:
come una donna amata alla follia
la vita andava via:
e più la rincorrevi
e più la dipingevi a colpi rossi
per tenerla sttetta,
gialli come dire "Aspetta!",
fino a che i colori
non bastaron più...
e avrei voluto dirti, Vincent,
questo mondo non meritava
un uomo bello come te!

Guarderò le stelle,
la tua, la mia metà del mondo
che sono le due scelte in fondo:
o andare via o rimanere via.

Dolce amico mio,
fragile compagno mio,
io, in questo mare,
non mi perdo mai;
ma in ogni mare sai
"tous le bateaux
vont à l'hazard pour rien".
Addio, da Paul Gauguin.

La conoscevi questa canzone?

Anonimo ha detto...

Ceto che la conoscevo...come potevo non conoscerla...il nome del blog, nonchè il nome di una squadra di calcio in cui ho giocato per due anni, l'ho tratto da questa canzone, che tra l'altro ho avuto il piacere di sentire dal vivo per due volte in due concerti di Vecchioni.

E' una canzone molto vera, almeno per me.