Abbiamo trattato il mondo come se fosse un paesino, l'abbiamo attraverso da nord a sud, l’abbiamo arredato come se fosse il soggiorno di casa. Non abbiamo avuto rispetto di niente, neanche per noi. Forti della nostra scienza, ci siamo sentiti immuni dai rischi che la natura riserva nella sua ininterrotta mutazione, che è poi la sua vita nel bene e nel male. Poi scopriamo che l'agente infettivo della mucca pazza arriva all'uomo, che quello che con una punta di superiorità classista chiamavamo “terzo mondo” si sta riversando da noi, che i paesi poveri hanno un’arma incontrollabile per spaventarci, quella della migrazione, quella della guerra dei poveri contro i ricchi, quella del terrorismo.
”Niente paura, niente paura , niente paura, ci pensa la vita mi han detto così. Niente paura, niente paura niente paura, si vede la luna perfino da qui”. La paura è sempre stata l’arma migliore per frenare la vita delle persone. Ci si è impossessati di questa arma in ogni epoca e in ogni forma di governo, dalle dittature alla democrazia, passando per le monarchie. Ligabue nella sua ultima canzone ribalta questo concetto e indica uno spiraglio. Dice che non bisogna aver paura perché è la vita a decidere, perché è la vita che cambia e quale miglior augurio, allora, per un anno che inizia? La globalizzazione ha anche di questi effetti. Il pensiero unico, il pensiero dominante. E la paura è uno di questi concetti. Non solo la circolazione illimitata delle merci e del denaro, non solo la libertà di movimento degli uomini, non solo l'accessibilità a tutte le possibili informazioni, ma anche l'esposizione a tutte le paure, contro cui noi, ancora arcaici perché "localistici", non abbiamo difese. Qui le riflessioni che si impongono sono sostanzialmente due. La prima è che non abbiamo la situazione in pugno come invece abbiamo creduto per troppo tempo. Abbiamo usato, usurato la nostra vita, le nostre società. Nella vita sotterranea e segreta, gli uomini hanno sempre conosciuto un tipo di vita, perché poi non è mai stato possibile conoscere il diverso, perché il diverso era diverso, quindi negativo, quindi qualcosa che doveva far paura. Quante volte da bambini per spaventarci ci han detto: “non piangere altrimenti viene il lupo cattivo”?. La seconda riflessione è che la globalizzazione è avvenuta troppo rapidamente rispetto alle possibilità "biologiche" dell'uomo e delle società. E' solo il delirio di onnipotenza del potere che ci fa trascurare questo dato, con tutte le conseguenze che ne derivano rispetto all'imprevedibile, che della natura è il tratto caratteristico, nonostante tutte le nostre conoscenze. Eraclito diceva che «La natura ama nascondersi». Anche la società è così, per questo si serve della paura. E il suo segreto, il segreto della paura, si sottrae a quella visione semplicistica con cui noi oggi, uomini dell'età della tecnica, la disegniamo quando la riduciamo a semplice «malattia, guerra o altro». In questo sguardo miope e semplicistico abbiamo perso la giusta misura, oppure ci hanno dato occhiali da presbiti noi che al massimo siamo miopi. Il risultato? Paura, solo paura. Paura per tutto e di tutto. Ma perdere la giusta misura significa vivere lo squilibrio, vuol dire accettare il compromesso con la propria libertà, vuol dire avere paura. E per tutto ciò non solo non disponiamo di difese per il presente, ma neppure di un'etica del comportamento per il futuro. Perché le etiche che finora abbiamo creato o di cui ci siam serviti mettevano insieme solo i rapporti tra la gente, ma non si fanno carico del concetto di emozione, come la paura appunto, che tutte le etiche finora formulate concepiscono come mezzi al servizio dell'uomo, quando ormai sono diventati fini da salvaguardare, espressioni della natura dell’uomo da tutelare e da proteggere. La paura è contrappasso che riconduce l'uomo a quello stadio primitivo e dimenticato dove il pericolo era l'epidemia e il terrore era il contagio. Ci salverà la vita come dice Ligabue? Puntare sulla vita vuol dire su quegli strumenti psichici per affrontare ciò da cui ora abbiamo paura di difenderci. La paura è ora l'imprevedibilità non più dovuta all’incuria degli uomini, ma alla loro all'ignoranza.
“Tira sempre un vento che non cambia niente mentre cambia tutto sembra aria di tempesta.
Senti un po' che vento forse cambia niente certo cambia tutto sembra aria bella fresca.” Sembra che non cambi niente, ma poi qualcosa cambia, qualcosa deve cambiare, proprio come il Dio che risorge dopo essere morto, il Dio di Guccini. Basta conoscersi, basta voler decidere della propria vita, basta credere in sé. La paura si vince con l’intelligenza, con la voglia di decidere, con la forza di una risata, come diceva un poeta del secolo scorso. La paura si vince, non si può essere vinti, non più.
2 commenti:
Ciao Vinci,
grazie per il commento che hai lasciato al mio post; l'ho molto gradito.
Io ti rispondo lasciandone uno mio all'ultimo post che hai scritto tu, ma in realtà forse avrei dovuto lasciarlo a quello scritto il 28 dicembre. Mi è piaciuto il discorso sulla gelosia... La gelosia spesso rovina le cose. E anche nel caso in cui non ci sia niente di cui essere gelosi, rovina noi stessi, fa soffrire.
Molto belle le ultime 2 frasi... "Non mi interessa se scopi con un altro. Purchè sia io a concedertelo"... Mi sembra recitassero all'incirca così.
Mi sono trovata un po' meno d'accordo con quanto hai scritto sulle donne... sul fatto che a noi basti una telefonata per fare sesso... Ti assicuro che non è così, o almeno non lo è per tutte. E, aggiungerei, beate quelle che riescon a fare sesso senza compromettere la testa e il cuore!
Beh, ti saluto. E già che ci sono ti auguro di iniziare bene l'anno nuovo.
Ciau!
"talvolta, come i bambini trepidano e di ogni cosa temono nelle temebre cieche, così noi pur nella luce, temiamo di cose che per nulla sono più tremende di quello che i bambini nel buio temono e immaginano possano accadere" (Lucr. "De Rerum Natura", III 87-93).
Auguri per tempi nuovi, a chi li desidera!
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