Chissà come ci si sente ad essere considerati da tutti gli ultimi degli ultimi. E chissà come ci si sente a farli sentire ogni giorno, da sempre, sempre più così, più respinti, più miseri, più disuguali. Alla fine finisce che ci si abitua a sentirsi così, finisce che ci si abitua anche al peggio, anche a sentirsi meno uomini degli uomini e si finisce per comportarsi di conseguenza.
Ma chi l’ha detto che la nostra società, quella del presunto benessere, quella dei due telefonini a persona, quella degli scandali finanziari, dello sport truccato, quella che sta impoverendo giorno dopo giorno quella che era la classe media e tutto vantaggio di una che si arricchisce sempre di più, è incompatibile con quella dei Rom, con quella molto poco conosciuta degli zingari?
E’ il clima sociale che si sta facendo sempre più violento, il clima di odio che nelle ultime ore sta addirittura portando parte dell’opinione pubblica a giustificare se non ad applaudire la caccia al rumeno che si sta verificando in alcune città italiane.
Da anni, da troppi anni ormai, siamo in qualche modo prigionieri di una contraddizione di fondo. Siamo in Europa, vogliamo, abbiamo voluto l’allargamento ad est dell’Unione Europea, abbiamo fatto sì che il trattato di Schengen, quello grazie a cui quando viaggiamo in un paese della Comunità Europea possiamo usare solo la carta d’identità, fosse esteso anche a nuovi paesi, per facilitare così in primo luogo l’economia oltre che la mobilità delle persone, ed ora se abbiamo voluto tutto questo non possiamo lamentarci se ci arrivano in casa migliaia di persone provenienti dalla Romania, dalla Bielorussia o dall’Estonia. Devono pagare le tasse, devono rispettare le regole della nostra società, dicono in molti anche sulle pagine dei giornali. E’ vero, è verissimo. Se io vado a casa di un persona devo rispettare le regole di questa persona, le regole in vigore nella casa che mi ospita. Ma mi domando: se queste regole non sempre vengono rispettate dal padrone di casa perché dovrebbe farlo l’ospite?
Recenti studi hanno evidenziato come dopo l’indulto le carceri italiane siano tornate ad essere piene di gente, per la maggior parte immigrati, ma pochi hanno trovato il tempo e il modo di dire che questi immigrati sono in carcere quasi tutti per reati riguardanti l’immigrazione clandestina e non altro. Pochi ricordano che quasi il 75% degli stupri in Italia è opera dei mariti, dei fidanzati o degli ex mariti italiani, per non parlare poi delle violenze domestiche, quelle forse più silenziose, quelle dei padri sui figli, quelle sicuramente ancor più dolorose e ancor di più schifosamente deprecabili. Gli zingari rubano, è quello che si dice, è quello che certi media ci fanno ascoltare ogni giorno. E’ vero, spesso sono artefici di scippi, di furti d’auto e in appartamenti, ma il problema non è questo, questo è il risultato, il problema è cercare di pensare ad una politica di accoglienza che sia in linea con i principi della nostra costituzione e anche della nostra religione, che troppo spesso ci dimentichiamo ci spinge al perdono, all’uguaglianza ed alla carità, non certo intesa come elemosina. L’emarginazione dei popoli, di alcuni popoli ha radici lontane, non è facile cambiare abitudini radicate nei secoli, quel che però si può fare è cercare di integrare le culture di genti diverse. Questa è la sfida di questo millennio. Non più destra e sinistra, la sfida della politica mondiale sarà far convivere i diversi.
De Gregori nella sua canzone “Due zingari” parla di due ragazzini, due piccoli Rom che vivono in un campo a due passi dall’autostrada. Bambini che vivono liberi, giostrai girovaghi, un po’ come li canterà qualche anno dopo Fabrizio De Andrè in Khorakhanè, canzone dedicata al popolo Rom, all’interno del suo ultimo album “Anime Salve”. I Rom hanno una grande ricchezza, ed è quella della libertà, dell’essere senza radici, senza un’idea di passato, attenzione non senza passato, ma senza la percezione di esso, come diceva Pasolini.
Noi occidentali, un po’ reazionari, sicuramente attenti all’utile, abbiamo un po’ perso questo concetto di libertà, fedeli come siamo al nostro piccolo, alle nostre tradizioni, al nostro orticello. Gli zingari sono gli ultimi eredi di quella grande cultura nomade indoeuropea che ha creato la lingua che parliamo.
“Ho sempre corso libero, felice come un cane”, ecco che De Gregori descrive la felicità come una grande corsa, una corsa a perdifiato, una corsa felice. I Greci quando parlavano dell’amore, usavano metaforizzarlo con l’immagine di due giovani cani che rotolano felici in un prato. E’ un po’ quello che De Gregori, con tanta malinconia in più, ha provato a descrivere in questa canzone. Un amore reso difficile dal contesto, ma un amore libero, senza troppi vincoli sociali.
Proprio come dovrebbe essere una società multietnica, multireligiosa come si avvia ad essere la nostra. Si è voluto l’allargamento ad est anche per facilitare le imprese che hanno portato lì gli stabilimenti in modo da pagare meno la manovalanza? Si è portato nell’Unione Europea stati che non potevano dare certe garanzie al fine di monopolizzare con i nostri prodotti il loro mercato? Ora non lamentiamoci troppo del fatto che questa gente venga da noi e si aspetti di avere quel che in televisione li abbiamo abituati a vedere. Non lamentiamoci se ogni giorno ci sono sbarchi di clandestini affamati provenienti da paesi che la nostra cultura occidentale ha contribuito, anche solo in piccola parte, a rendere non dico poveri, ma meno sviluppati. Quelli stessi clandestini fanno comodo alla nostra società. Sono quelli che ritroviamo negli altiforni, nei campi a raccogliere pomodori, senza contratti spesso, senza garanzie.
Rispettare le regole, quello sì, ma che le rispettino tutti allora, la legge deve essere uguale per tutti, veramente uguale, anche e soprattutto, in un paese che si riscopre giorno dopo giorno più “religioso” come il nostro, la legge morale.
2 commenti:
se ci fermassimo a riflettere... libertà come presente senza passato. saremmo tutti più attori della nostra esistenza. ecco un'immagine di leggerezza.
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